In Vaticano e d’intorni si cerca di mantenere alto il fuoco delle polemiche e delle critiche a Papa Francesco. Da ultimo con l’invenzione di un “giallo”. Com’è noto, sull’aereo di ritorno dal suo viaggio nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, il Papa aveva dichiarato che: “Alcune cose che si dicono che Benedetto era amareggiato per questo o altro, sono storie mal riportate… La sua morte credo sia stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E quelli che strumentalizzano una persona così brava, così di Dio…direi che è gente che non ha etica, gente di partito e non di Chiesa. Ho voluto dire chiaramente chi era papa Benedetto. Non era amareggiato”. Il riferimento degli strali di Francesco è monsignor Gaenswein, segretario del papa emerito Benedetto, che nel suo libro “Nient’altro che la verità” aveva asserito l’amarezza di Ratzinger per il motu proprio con il quale Bergoglio aveva ridotto le possibilità di dire messa in latino.
Il rapporto tra Papa Francesco e Papa Benedetto
Del resto, è stato lo stesso Francesco ad affermare sull’aereo la qualità fraterna del rapporto con il papa emerito: “Ho potuto parlare di tutto con papa Benedetto, scambiare opinioni, e lui era sempre al mio fianco, appoggiando, e se aveva qualche difficoltà me la diceva e parlavamo e non c’erano problemi”. Ma ai critici di Francesco, che vogliono continuare a rimestare nella polemica, queste parole non bastano, e replicano: “Ma allora le affermazioni di Gaenswein sarebbero un falso, qui c’è un giallo”. Dalle frasi di Bergoglio appare, invece, tutto molto chiaro: quelle affermazioni sono false e sono state fatte per dare forza alle argomentazioni dei settori conservatori e reazionari contro Francesco. Per pura “politica”, ha giustamente osservato il Papa gesuita. Recidendo alla radice l’esistenza di qualsiasi “giallo”. Pensando all’intera platea dei suoi numerosi critici, Francesco in una recente intervista all’AP aveva dichiarato con ironia: ”Queste critiche mi fanno l’effetto di un’escrescenza cutanea che dà prurito. Ma è bene che ci siano critiche, perché vuol dire che c’è libertà di pensiero e che non sono un imperatore. Soltanto chiedo che me le rivolgano in faccia. Così cresciamo tutti”.
Il viaggio in Sud Sudan
Ma forse è meglio tornare sull’importante viaggio in Sud Sudan, di cui non abbiamo parlato in queste pagine. Una visita straordinaria (di cui Bergoglio è tornato a parlare ieri all’udienza generale) per almeno tre motivi. Primo, perché ecumenica, in quanto fatta insieme al Primate anglicano, Justin Welby, e al Primate della Chiesa di Scozia Ian Greenshields (le cui rispettive Chiese sono presenti nel Paese africano). Secondo, perché il Papa ha potuto stigmatizzare la piaga tutta africana delle lotte tribali, davanti al Presidente e al vice-presidente, leader delle due etnie principali che si fanno la guerra praticamente da quando è sorto questo Stato, il più giovane del mondo, nel 2011. Dal 2013 è cominciata, infatti, una guerra interetnica che ha fatto 400 mila morti e 4 milioni di sfollati.
I conflitti tribali e l’enorme corruzione, in questo Paese dalle enormi riserve petrolifere, sono -ha denunciato il Papa- le due cause del sottosviluppo, della fame e del rapace sfruttamento delle immense ricchezze del Continente da parte delle multinazionali e dei Paesi ricchi. Terzo motivo, il fortissimo appello di Francesco a difendere ed esaltare la donna, che è la vera artefice della vita sociale ed economica dell’Africa.
Raffaele Luise per la Rubrica VaticanoMondo