Dopo lo stop del processo Regeni, deciso dal Gup lo scorso luglio, oggi sono arrivate le motivazioni dei giudici della prima sezione penale della Cassazione. Nel documento si legge che “il perseguimento delle condotte criminose (nei confronti dei quattro 007 egiziani imputati per l’omicidio del ricercatore italiano) anche se efferate e ignominiose quali quelle oggetto di imputazione, devono passare, in uno Stato di diritto, attraverso il rispetto delle regole del giusto processo regolato dalla legge, che si svolga nel pieno ed effettivo contraddittorio tra le parti. Quanto precede consente dunque di escludere che nel caso di specie possa ipotizzarsi, e comunque ritenersi sussistente, la dedotta abnormità dell’ordinanza timpugnata e dei provvedimenti che ne costituiscono il presupposto, che risultano pertanto insuscettibili di impugnazione.
Stop processo Regeni, la spiegazione dei giudici
I giudici osservano anche che è “immune da vizi logici e giuridici la valutazione secondo la quale “le qualifiche soggettive degli impuntati all’interno delle forze di polizia o degli apparati di sicurezza egiziani, la partecipazione di alcuni di essi al team egiziano incaricato di collaborare con gli inquirenti italiani nel caso Regeni, il fatto che alcuni di loro siano stati in quella sede sentiti quali persone informate dei fatti circa le indagini svolte in Egitto, e la rilevanza mediatica, anche internazionale, del processo italiano, non sono concludenti al fine di ritenere raggiunta la certezza della conoscenza da parte degli imputati del processo a loro carico”.
Secondo la sentenza, la giustizia italiana è tenuta “ad applicare senza strappi il tessuto normativo, garantista e rispettoso dei diritti di tutte le parti processuali” e il superamento della situazione che impedisce la partecipazione degli imputati al processo “appartiene alle competenti autorità di governo, anche alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione” che discendono dalle Convenzioni internazionali.
In particolare la Cassazione cita la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizione crudeli, inumani o degradanti di New York, ratificata con legge dall’Italia nel 1988 e dall’Egitto nel 1986.