L’ad di Acea Fabrizio Palermo è ancora nella bufera, travolto da accuse di sessismo e maschilismo da parte di giovani hostess che hanno incrociato il suo cammino. Come un potente effetto domino, lo scandalo dei presunti maltrattamenti nell’azienda partecipata del Comune di Roma da parte dell’ad Palermo, ha fatto da detonatore e subito è partito il MeToo. Adesso a parlare è una lavoratrice, anche lei addetta all’accoglienza, che denuncia quanto accaduto mentre lavorava in Cdp. La lunga intervista è stata raccolta dal quotidiano La Repubblica ed è rimbalzata su diverse testate. “Dovevamo denunciare tutto anni fa. Quando Fabrizio Palermo era alla guida di Cassa Depositi e Prestiti avremmo dovuto ribellarci, ma non abbiamo avuto il coraggio. In Acea lo hanno avuto e adesso l’ho trovato anche io, per solidarietà tra donne e perché devo raccontare cosa è successo”, afferma la donna che, fa sapere il quotidiano, parla sotto anonimato perché si tratta, ancora una volta, di una lavoratrice precaria che teme per il suo lavoro.
Nuove accuse di sessismo rivolte all’ad di Acea Fabrizio Palermo. Ecco cosa sta succedendo
“Palermo non voleva assolutamente vedermi. Perché ero grassa. Il suo canone estetico era quello delle fotomodelle ed è stato chiesto a un’ulteriore agenzia esterna di fornire ragazze di bell’aspetto”, si legge nella lunga intervista rilasciata (sotto anonimato) dalla donna su Repubblica. “Palermo di persona non ci ha mai detto nulla, si limitava a guardarci in maniera giudicante. Si interfacciava con la sua assistente che era alla direzione del Cerimoniale e si occupava anche dell’aspetto che dovevamo avere noi operatrici. Lei parlava con i nostri referenti interni che poi ci riportavano tutte le richieste”, riporta la hostess che continua: “una volta il mio capo mi ha spostato della reception al servizio di accompagnamento. Da lì si è scatenata la bufera: mi hanno detto che dovevo stare esclusivamente seduta in modo che mi vedessero solo dalle spalle in su. Per un anno ho lavorato nel terrore. Sapendo che Palermo non poteva vedermi evitavo di alzarmi anche per andare in bagno. Ho avuto la cistite più volte. Poi mi hanno messo al back office e infine fatta andare in un’altra sede, quella in via Alessandria”. La donna racconta alla giornalista di Repubblica Marina de Ghantuz Gubbe di “aver sempre sofferto di disturbi alimentari, la bulimia. Quello che è successo mi ha fatto malissimo, era l’ennesima prova che se non hai un certo corpo, se non rientri in quei canoni, neanche puoi lavorare come receptionist a meno di 5 euro l’ora. Ho avuto delle ricadute, sono ingrassata ancora di più, non riuscivo a uscirne. Ora sto bene, grazie alla psicoterapia e all’aiuto della dietologa“. Altre lavoratrici hanno sostenuto nei giorni scorsi di essere state preda di comportamenti “viziati da razzismo maschilista”, cosi la donna ha confessato: “Anche da noi succedeva. Quando Palermo voleva la macedonia bisognava prepararla sistemando la frutta in maniera simmetrica. Non avevamo nessun attestato per la somministrazione di cibo e bevande ed anche successo che qualcuna si facesse male con un coltello, ma c’era la paura di denunciare l’accaduto all’Inail. Ad un collega della sicurezza è stato fatto fare un corso da cameriere e quando c’erano i pranzi istituzionali doveva mettersi la livrea per servire Palermo e i suoi ospiti”. Un appunto anche per quanto riguarda il vestiario: “La nostra azienda doveva fornirci le scarpe, ma poi abbiamo dovuto indossare delle décolleté a punta. Una tortura: mentre accompagnavo un ospite al primo piano sono cascata di faccia sulle scale. Altre colleghe hanno avuto degli incidenti a causa delle scarpe e in quel caso abbiamo messo in mezzo i sindacati a cui abbiamo fatto vedere le ginocchia distrutte”. L’ad di Acea nei giorni scorsi era intervenuto sulla vicenda parlando di falsità e calunnie nei suoi confronti.