Autonomia differenziata scuola: sarebbe un altro brutto colpo per le scuole del Sud. Dopo gli stipendi differenziati, “l’autonomia differenziata, che coinvolge la sanità e la scuola pubblica, è un modo per far rimanere le tasse nei territori e dare minori risorse al governo centrale che ridistribuisce su tutto il territorio nazionale. Verrebbero così avvantaggiate le regioni con una maggior quantità di finanziamenti attraverso le tasse, quelle del Nord a discapito di quelle meridionali dove il reddito pro capite è inferiore. C’è da dire che in questa autonomia differenziata ci sono i lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni, in modo che nessuno rimanga in modo particolare indietro. Mi riferisco alla scuola dove le cronache delle ultime settimane parlano di programmi spezzatino, cioè programmi che sui territori dovrebbero essere diversificati – ha osservato Aldo Ficara, direttore di Regolarità, Trasparenza e Scuola ad Open Day, su Radio Cusano Campus – si fa un gran correre a rasserenare le persone dicendo no, non si toccano i programmi nazionali, che sono su tutto il territorio nazionale, ma questo correre a rasserenare le persone mi fa pensare male ancora di più. E’ stato oggetto in queste settimane il differenziare gli stipendi. A parità di professione. L’insegnante del Nord dovrebbe percepire uno stipendio superiore. Allora c’è di nuovo l’introduzione delle gabbie salariali, ma se le regioni danno un contributo maggiore per determinate attività didattiche si differenzia lo stipendio.”
Autonomia differenziata scuola: “Politiche che disincentivano il rientro”
Autonomia differenziata scuola: il sistema scolastico italiano è molto diverso, da Nord a Sud. “In certe regioni settentrionali c’è una elevata densità di strutture dell’infanzia, nidi per bambini, mentre nelle regioni del Sud la densità è minore. Tutti i vantaggi andrebbero al Nord. C’è un flusso migratorio nella scuola da Sud a Nord: a Sud ci sono molti laureati a Nord ci sono le cattedre, ma dopo che le persone hanno fatto punteggio il desiderio è di tornare nelle province e regioni d’origine dove si dice la vita costi di meno, allora queste politiche fanno sì che si disincentivi il rientro: gli stipendi non sarebbero più gli stessi. A Nord rimangono molte cattedre vuote. Qui il ragionamento mi torna di incentivazione dello stipendio com’è già in vigore nella provincia di Bolzano che garantisce a seconda del grado di istruzione un surplus rispetto a quello che è lo stipendio medio nazionale – ha aggiunto Ficara – anche le università del meridione ne uscirebbero con le ossa rotte.”