Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini è stato ospite questa mattina di una trasmissione radiofonica dove ha affrontato insieme ai conduttori i temi di più stretta attualità: ponte sullo Stretto, caso Cospito e immigrazione.
Sul primo punto, che rappresenta uno dei cavalli di battaglia del leader leghista, la domanda verte sul possibile rischio sismico dell’area idrogeologica su cui poggerebbe la struttura. Il ministro si mostra sicuro e fa leva sulla qualità ingegneristica dell’opera, i cui lavori dovrebbero partire nel 2024 (ma si cercano nuove coperture).
Ingegneristicamente non ci sarebbe alcun rischio sismico, anzi, una struttura così alta ed elastica assorbirebbe un eventuale terremoto
Matteo Salvini, ospite di Radio Capital
Salvini a tutto tondo su Ponte sullo Stretto, caso Cospito e migranti
Esaurito il capitolo Ponte sullo Stretto, Salvini passa poi al caso Alfredo Cospito, il leader degli anarchici in carcere in regime di 41 bis. La sua situazione rappresenta il principale argomento nelle cronache giornalistiche dell’ultima settimana, tra le proteste violente in molte città italiane, la polemica per le parole del deputato Donzelli e le condizioni di salute dello stesso Cospito (su cui il leader del Carroccio parla di “scelta sua personale” riferendosi allo sciopero della fame attuato da oltre tre mesi).
Sul dibattito politico il Capitano glissa con un diplomatico “no comment”, sottolineando che “la bagarre va superata perché non serve a nessuno”. Insomma, l’opinione pubblica dovrebbe concentrarsi su temi maggiormente incisivi, perché la gente stessa chiede che si concentrino forze ed energie su altro. La preoccupazione principale, da ex ministro dell’Interno, riguarda la sicurezza delle autorità e il clima di ispirazione all’odio ammirato con scritte e canti a pagine nere della storia italiana.
Infine, battute conclusive sull’immigrazione e sul comportamento di alcune Ong, in particolare di quelle che “operano per fare business e guadagnare quattrini illegalmente”. A suo giudizio, come in una catena sequenziale, “dai 5mila euro intascati per ogni persona caricata sulla nave si alimentano i giri di armi e droga”. Fermo restando che “salvare i naufraghi rappresenta principalmente un dovere di buon senso e non un’imposizione legislativa”.