Un incontro urgente “al fine di acquisire degli aggiornamenti tangibili su questa delicata ed articolata situazione”, che “riguarda il futuro occupazionale di oltre 80.000 occupati” che lavorano per il gruppo Tim: è quanto richiesto dai sindacati Cgil, Cisl e Uil nella loro lettera al presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Decine di migliaia i lavoratori impiegati presso la società delle telecomunicazioni che necessitano di rassicurazioni per quanto riguarda “la stabilità degli assetti occupazionali ed industriali del settore”, “fondamentale per l’economia e lo sviluppo dell’Italia”. La lettera, firmata dai segretari generali della Cgil Maurizio Landini, della Cisl Luigi Sbarra e della Uil Pier Paolo Bombardieri, oltre che dai leader della Slc, Fabrizio Solari, Fistel, Alessandro Faraoni e della Uilcom, Salvatore Ugliarolo, richiede alla premier nuove delucidazioni soprattutto dopo il sondaggio a Tim del fondo americano Kkr.
Stiamo continuando a seguire, con grande attenzione ed estrema preoccupazione, il susseguirsi di notizie, diffuse dai media, sul futuro del Gruppo Tim, non ultima l’offerta del fondo americano Kkr inviata a Tim per la Rete. In data 28 novembre siamo stati ricevuti, dopo nostra formale richiesta, presso Palazzo Chigi per aprire un confronto e spiegare la visione del sindacato confederale su questa importante e strategica realtà industriale del nostro Paese illustrando altresì le motivazioni che ci portano ad essere nettamente contrari ad eventuali operazioni di ‘spezzatino’. Le scelte che potrebbero essere assunte rischiano infatti di mettere a rischio i livelli occupazionali sia diretti che indiretti oltre ad avere pesanti conseguenze sull’intero settore delle telecomunicazioni.
Sindacati a Meloni sul gruppo Tim: “Patrimonio industriale del Paese”
Degli ultimi giorni la notizia di una offerta del fondo americano Kkr, inviata a Tim per la Rete: a dare l’indiscrezione era stato il Sole 24 Ore, secondo il quale il fondo Usa sarebbe pronto a mettere sul piatto 20 miliardi di euro per rilevare la NetCo di Tim, società in cui verrebbe trasferita l’infrastruttura di rete fissa di Tim, con una serie di benefit al raggiungimento di alcuni obiettivi, come ulteriori 2 miliardi di euro in caso di fusione con Open Fiber.
Un’offerta non vincolante considerata dai sindacati “un ulteriore elemento che complica la già articolata situazione, ribadendo che non condividiamo il superamento dell’operatore ‘verticalmente integrato'”.
Questa operazione è anche in contraddizione con le dichiarazioni politiche che abbiamo attentamente registrato nei giorni scorsi, da varie parti del suo Governo, nelle quali si ribadisce la necessità di avere un controllo dello Stato per questo strategico ed importantissimo asset del Paese e la massima attenzione per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. La Tim e le società da Lei controllate sono un patrimonio industriale indispensabile per il Paese, dove ancora resiste l’ultima presenza italiana e dello Stato tramite Cdp, nel settore delle Tlc.
Il controllo dello Stato sulla Rete è ritenuto dunque essenziale per dar seguito alla digitalizzazione, tra i principali obiettivi del Pnrr, oltre che alle comunicazioni di circa 60 milioni di cittadini italiani, “per le istituzioni centrali e locali ed al sistema di imprese italiano”.
Alla luce di tutto questo, pensiamo sia necessario potere avere ragguagli da parte del Governo rispetto ad eventuali avanzamenti, anche rispetto ai “tavoli tecnici” che si susseguono dal mese di dicembre presso il Ministero delle Imprese.