Dopo 30 ore di travaglio in casa una donna di 34 anni ha dato alla luce un bambino morto. Il dramma si è consumato lo scorso novembre a Rimini, dove ora il corpicino di Alessandro è stato seppellito, dopo il nullaosta della Procura locale. I suoi genitori chiedono che giustizia sia fatta, denunciando le irregolarità e leggezzere commesse dalle ostetriche durante il lungo parto.

Parto in casa Rimini finito in tragedia: che cosa è successo

Gravidanza certificata nella norma – nonostante il peso del bambino avesse già raggiunto i 4 chili e mezzo -, nullaosta rilasciato dall’Ausl per il parto in casa, buona salute della puerpera e del feto: tutto faceva pensare che il parto potesse essere portato a termine senza problemi, essendo stato dichiarato “a basso rischio”. Eppure a Rimini, lo scorso novembre, il giorno più bello della vita di due genitori si è trasformato in una tragedia quando, dopo 30 lunghe ore, la donna ha dato alla luce un bambino morto. Le complicazioni erano insorte durante il travaglio, nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2022 quando, dopo la rottura delle acque, i due si erano messi in contatto con le ostetriche private che avrebbero dovuto seguire il parto: solo una delle due era arrivata, dopo due ore dalla chiamata. L’altra li aveva raggiunti solo dopo.

Per la partoriente erano iniziati i dolori dovuti alle contrazioni, fortissimi, tanto che il marito, preoccupato, aveva proposto di portare la donna, una 34enne, in ospedale, trovando però l’opposizione delle professioniste, che insistevano affinché la signora restasse in casa. Nel pomeriggio, dopo aver riscontrato il posizionamento anomalo del feto, le due avevano praticato la manovra di rebozo, consigliando alla donna di camminare su e giù per le scale e fare esercizi di squat. Nonostante l’utero avesse ormai raggiunto la sua massima dilatazione, nessuna ombra del neonato. Alle ulteriori richieste di essere trasferita in ospedale, la risposta delle ostetriche era stata: “Tu pensi già al dopo, pensi già ad andare in ospedale. Ma se pensavamo che tu non fossi in grado di farlo qua ti avremmo già mandato, noi sappiamo che puoi farcela. Cosa pensi che se vai in ospedale la tua fatica sia finita? Se ti mandiamo in ospedale con la testa che si vede ci prendono per incompetenti le ostetriche ospedaliere”.

Le due sostenevano infatti che la testa del bambino si vedesse già. Solo alle 6.30 del mattino successivo, dopo 30 ore di travaglio, la donna era stata caricata in auto e portata all’Ospedale Infermi di Rimini, nonostante, secondo il protocollo, dovesse essere trasportata in ambulanza. Arrivata presso il reparto di ginecologia, i primi accertamenti non avevano permesso di rilevare il battito cardiaco del bambino. L’ecografia che ne era seguita aveva confermato la tragedia: il piccolo Alessandro era morto. L’esame autoptico effettuato sul suo corpicino dal medico legale del pubblico ministero, Arianna Giorgetti e da quello nominato dalla coppia, Pier Paolo Balli, ha evidenziato come il decesso sia stato causato dal soffocamento.

Accusate le due ostetriche private che hanno assistito il parto

Numerosi i dubbi che il legale della coppia ha sollevato nella denuncia contro le due ostetriche, nei confronti delle quali è stata ora chiesta la sospensione: oltre al metodo di trasporto in ospedale, alle due viene contestata la procedura utilizzata per il parto in casa. Si parla innanzitutto del diario clinico che le professioniste avrebbero dovuto tenere per monitorare tutte le fasi del parto, consegnandolo al momento del ricovero in ospedale della donna. Sembra che, nella fretta, l’originale sia stato dimenticato a casa dalle due, che ne avevano quindi redatto un altro, con evidenti discrasie rispetto al primo, per esempio sugli orari, retrodatati di diverse ore. “Ho il timore che attorno a questa vicenda si scontrino due filosofie: da un lato la medicina così detta ‘tradizionale’ e, dall’altra, quella più sfuggente e impalpabile della medicina così detta ‘alternativa’ con quest’ultima che si è acuita dopo la pandemia”, ha dichiarato l’avvocato Piero Venturi che supporta la coppia, intenzionata a fare chiarezza su quanto accaduto.