Unicef lancia l’allarme sul tema delle mutilazioni genitali femminili: 4,3 milioni di ragazze sono attualmente a rischio e il dato è destinato a salire, raggiungendo i 4,6 milioni entro il 2030. “Quest’anno 4,3 milioni di ragazze sono a rischio di mutilazioni genitali, secondo le ultime stime dell’Unfpa. Questo dato si prevede raggiungerà i 4,6 milioni entro il 2030, in quanto conflitti, cambiamento climatico, crescente povertà e disuguaglianze continuano a ostacolare gli sforzi per trasformare le norme sociali e di genere che sono alla base di questa pratica dannosa e interrompono i programmi che aiutano a proteggere le ragazze”. A dichiararlo sono Natalia Kanem, direttore esecutivo Unfpa e Catherine Russell, direttore generale dell’Unicef in occasione della Giornata internazionale di tolleranza zero alle mutilazioni genitali femminili.

Mutilazioni genitali femminili, numeri in aumento anche a causa del Covid

Il numero delle donne e delle bimbe che rischiano di subire mutilazioni genitali femminili è in aumento anche perché, negli ultimi tre anni, le scarse risorse sanitarie destinate alla prevenzione e al contrasto di questa pratica sono state dirottate sulla pandemia, determinando così una battuta d’arresto. Nel periodo 2020-2022, infatti, il numero delle bambine vittime di questa pratica barbara che, lo ricordiamo, è una violazione dei diritti umani, è aumentato di almeno 1 milione.

Un po’ di dati

I numeri fanno paura: almeno 200 milioni di donne in vita oggi hanno dovuto subirle e, negli ultimi 20 anni, la percentuale di donne che si sono opposte alla pratica è raddoppiata. Secondo i dati Unicef sta emergendo una tendenza: delle 52 milioni di donne in tutto il mondo che hanno subito questa pratica, circa una donna su 4 è stata sottoposta a mutilazioni genitali femminili per mano di personale sanitario. Questa proporzione è due volte più alta tra le adolescenti, il che indica una crescita nella medicalizzazione della pratica.

Attivo in oltre 30 Paesi tra Africa e Medio Oriente, il fenomeno interessa anche donne immigrate che vivono in Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda. I numeri sono in costante crescita e, anche a causa del fenomeno migratorio, sono oggi presenti anche in paesi dove prima erano sconosciute: negli Stati Uniti, ad esempio, il numero degli interventi è triplicato negli ultimi anni.

Una stima approssimativa delle donne che hanno subito una delle forme di mutilazione genitale femminile nei loro paesi di origine e che ora vivono in Italia , indica una cifra intorno a 88 mila donne, delle quali oltre 7 mila minorenni.

Per quanto riguarda invece il fenomeno a livello globale, prendendo i dati 2021 di 31 paesi, emerge che ben il 34% delle ragazze adolescenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni ha subito questa pratica, rispetto al 41% del 2011. In alcuni paesi queste mutilazioni sono ancora estremamente diffuse: ne sono vittima il 90% delle ragazze in Gibuti, Guinea, Mali e Somalia.

In circa la metà dei paesi sono eseguite in età sempre più giovane. In Nigeria, fra le ragazze di età compresa fra 0 e 14 anni, i casi sono aumentati dal 16,9% del 2013 al 19,2% nel 2018. Con un numero stimato di 19,9 milioni di sopravvissute, in Nigeria si registra il terzo numero più elevato di donne che sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili nel mondo. In Kenya, l’età media in cui ci si sottopone alla pratica è scesa da 12 a 9 anni negli ultimi tre decenni.