Si chiama P 38 La Gang, la band musicale bolognese i cui membri sono indagati per istigazione a delinquere per aver inneggiato alle Brigate Rosse. Già lo scorso novembre, i carabinieri e la polizia di Torino, supportati dagli uffici territoriali di Bologna, Bergamo e Nuoro, avevano eseguito delle perquisizioni nei confronti dei quattro componenti del gruppo, denunciati dalla figlia di Aldo Moro, Maria Fida e dal figlio di un carabiniere vittima delle BR, Bruno D’Alfonso. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, era infatti emerso che la band era solita portare sul palco, spesso nei centri sociali, bandiere delle Brigate Rosse, inneggiando all’interno delle canzoni al gruppo terrorista “Renault”. A tornare sulla questione è oggi il Guardian, che dedica un articolo agli imputati.
Band P 38 indagata per istigazione a delinquere: la ricostruzione dei fatti
Astore, Jimmy Pentothal, Dimitri e Yung Stalin: sono questi i nomi dei ragazzi – tutti tra i 25 e i 33 anni di età – che compongono la band musicale P 38 La Gang, che rievoca nei suoi testi figure come Ho Chi Minh, Rosa Luxemburg, Antonio Gramsci, l’anarchico Gaetano Bresci in “un collage caotico e provocatorio che riunisce gli ideali e gli orrori della sinistra” degli anni Settanta, sottolinea il Guardian nel suo pezzo dedicato al gruppo, indagato dalla Procura di Torino per istigazione a delinquere, con l’aggravante del terrorismo, per via dei frequenti riferimenti della band agli slogan e alla simbologia delle Brigate Rosse, incluso il gruppo “Renault”, l’auto all’interno della quale fu trovato il corpo senza vita di Aldo Moro.
“Si sono coperti il volto con i passamontagna e hanno fatto un gesto con tre dita che rappresentava la P38, la pistola-simbolo del movimento di sinistra degli anni ’70 Autonomia Operaia”, scrive ancora il Guardian, descrivendo il concerto tenuto dalla band lo scorso 1 maggio a Reggio Emilia. Poi, prosegue il giornale, “come di consueto, il gruppo ha sventolato la bandiera delle Brigate Rosse in fondo al palco, titolo del loro album di debutto del 2021, ‘Nuove Br'”, che richiama il gruppo terroristico di estrema sinistra che, durante gli anni di Piombo, tra il ’70 e l’80, mise in atto rapimenti, gambizzazioni e oltre 80 omicidi politici, scuotendo l’ordine pubblico italiano.
Fino a quel 1 maggio la band bolognese “era stata considerata una delle esordienti più bizzarre e originali della scena trap italiana: arrabbiata, divertente, oltraggiosa, paradossale, anche una novità, a seconda dei giudizi”, si legge nell’articolo, ma poi il 25 novembre i quattro componenti la band “sono stati identificati dalla polizia e le loro case perquisite”. Contro di loro sarebbero infatti stati presentati due esposti: uno da parte di Maria Fida, figlia di Aldo Moro, e uno da parte di Bruno d’Alfonso, figlio di uno dei carabinieri rimasti uccisi nel corso di un attacco delle BR. Da allora i quattro componenti sono indagati per istigazione a delinquere, con l’aggravante del terrorismo: accusa che, se dovesse essere confermata, porterebbe loro a scontare una condanna di più di otto anni.
I quattro artisti indagati si dichiarano innocenti
“Crediamo che la Procura di Torino ci abbia scambiato per un gruppo terroristico quando in realtà siamo solo un gruppo musicale. Sicuramente nelle nostre canzoni diciamo cose forti… forse inaccettabili per certi versi. Ma non speriamo nel ritorno della lotta armata. Stiamo maldestramente cercando di fare qualcosa d’artistico. Che ha, ovviamente, una connotazione politica, come qualsiasi opera artistica”, si difendono gli artisti, che hanno nel frattempo sospeso la loro attività musicale, avviando anche una raccolta fondi per sostenere le spese legali necessarie.
Sulla reazione dei familiari delle vittime dichiarano: “È normale che siano indignati. Ma non l’abbiamo fatto né vogliamo uccidere. L’assassinio di Aldo Moro è un evento storico che ha segnato la storia del nostro Paese”. “Ciò che ha mobilitato i media e le forze dell’ordine è solo la nostra musica, i nostri concerti, i nostri testi. Mentre la scena musicale italiana è invasa da riferimenti molto espliciti allo stupro, al traffico di stupefacenti e ai crimini di mafia nei testi cantati dagli artisti più ascoltati. Siamo noi gli indignati degli Anni di piombo”, concludono.