Francesco Geraci morto, causa morte, chi era il l’ex gioielliere fedelissimo di Matteo Messina Denaro e di Totò Riina.

Nella giornata di domenica 5 febbraio 2023 è scomparso Francesco Geraci, prima personaggio legato da uno stretto rapporto a Matteo Messina Denaro, poi collaboratore di giustizia. L’uomo è morto a Milano all’età di 59 anni per un tumore al Colon, la stessa malattia dell’ex latitante.

Geraci era un gioielliere, originario di Castelvetrano, e da tempo viveva in una località segreta dopo essere uscito dal programma di protezione. Quest’ultima cosa la raccontò lui stesso dopo aver cominciato a rivelare i segreti di Cosa Nostra. Fu anche il custode dei gioielli di Salvatore Riina.

Chi era Francesco Geraci, morto il collaboratore di giustizia ex uomo fidato di Matteo Messina Denaro

Il Corriere della Sera descrive Francesco Geraci come uno dei collaboratori di giustizia più importanti dell’ultima stagione di lotta alla Mafia. Uomo difatti di Messina Denaro, nel 1992 fu uno dei componenti del gruppo inviato a Roma per pedinare il giudice Giovanni Falcone.

Inoltre, fu incaricato insieme a Vincenzo Sinacori di seguire Maurizio Costanzo. Il suo contributo sarebbe stato utile a ricostruire le fasi preparatorie di alcuni attentati che l’ala stagista di Cosa Nostra stava architettando contro politici e giornalisti. Secondo quanto dichiarò Geraci, i crimini avrebbero dovuto costringere lo Stato a trattare“.

Il rapporto tra Francesco Geraci e Matteo Messina Denaro

Con l’ex Capomafia, Geraci aveva condiviso molti segreti fin dalla loro giovinezza, che rivelò poi in seguito all’arresto nel 1994: “Con Messina Denaro Matteo ci conosciamo dall’infanzia, perché giocavamo assieme da piccolini. Abita vicino casa mia, in linea d’aria saranno un 200 metri“, aveva dichiarato in un’udienza con l’inizio della collaborazione con la giustizia.

La vicinanza tra Francesco Geraci e Matteo Messina Denaro, tuttavia, si sarebbe interrotta quando il primo aveva 15 anni: “Lui ha preso la sua strada e io la mia“, affermò l’ex gioielliere in una dichiarazione durante il processo per la Strage dei Georgofili, che riguardava l’attentato terroristico compiuto da Cosa Nostra. Nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 ci fu l‘esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi. Qualcuno però, chiese il pizzo al gioielliere, e lui si rivolse al suo vecchio compagno di scuola, così i due di riavvicinarono. Lo disse Geraci al processo di Firenze: “Da quel giorno divento un uomo di fiducia di Messina Denaro“.

Non solo Geraci, l’ex gioielliere era noto anche per aver custodito il tesoro di Totò Reina nel suo caveau a Castelvetrano: collier, orecchini, crocifissi tempestati di brillanti, diamanti, sterline e lingotti d’oro per un valore di oltre 2 miliardi di lire.

Il racconto di Francesco Geraci sulle Stragi di Capaci e Via d’Amelio

Geraci aveva rivelato agli investigatori, particolari e retroscena della Stagione delle Stragi. Pur non essendo formalmente affiliato a Cosa Nostra infatti, il gioielliere è stato tra gli uomini scelti per partecipare alla missione romana voluta da Totò Riina per eliminare Giovanni Falcone. Alla fine di febbraio del 1992, un gruppo di killer guidati da Messina Denaro e Giuseppe Graviano, approdano nella Capitale con l’obiettivo di assassinare il magistrato, nemico numero uno di Cosa nostra. Ecco cosa disse a riguardo Geraci, citando un altro storico fedelissimo del boss di Castelvetrano: “C’era una lista di persone da uccidere. Cercavamo anche Falcone che andava al Ministero. Avevamo compiti differenti io e Vincenzo Sinacori“. E poi ancora: “Andammo a Palermo con Matteo Messina Denaro, a una riunione alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Enzo Sinacori, Salvatore Biondo, e lì si è deciso che si doveva andare a Roma. Nella Capitale eravamo io e Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio“. Succede però che la missione romana viene annullata: Riina ordina ai suoi di tornare in Sicilia. Qualche settimana dopo, Messina Denaro dirà a Geraci di non andare a Palermo, che poi racconterà di essere contrariato: Ma come non andare? Io devo andarci ogni giorno per lavoro“. Il boss aveva una soluzione alternativa:E allora esci ad Alcamo o a Partinico e fai la strada vecchia“. L’importante era non prendere l’autostrada. Il 23 maggio 1992, quando salta in aria l’autostrada a Capaci, uccidendo Falcone, Messina Denaro tornerà dal suo braccio destro con un mezzo sorrisino stampato in faccia: Adesso puoi andare a Palermo“.

Il racconto del pentito è stato fondamentale nel processo a Messina Denaro per le Stragi suddette, ancora in corso in Appello a Caltanissetta.