D’Amato Rocca, la corsa elettorale alla Regione continua, ma anche gli insulti da parte del candidato del Pd al Lazio. Offese gratuite, false e ipocrite.
La politica è una cosa seria, ci si dovrebbe mettere al servizio dei cittadini, proporre idee e soluzioni per cambiare davvero il volto della Regione, non può essere sempre usata e adottata per denigrare l’avversario, usando soprattutto argomenti senza avere prove, andando dietro a voci o a titoli di giornali.
Ma che modo di fare è? Poi ci si lamenta di non avere seguito e di avere un partito in crisi di uomini e risultati, ma se queste sono le premesse, puntando il dito contro imprenditori che non hanno scheletri nell’armadio, al contrario del candidato Pd D’Amato che lancia accuse e offese, ma dimentica di menzionare la sua condanna (e di altre persone) eseguita e registrata dalla Corte dei Conti a marzo del 2022 per del denaro pubblico sottratto.
E la condanna in questione non è una cosa accaduta anni fa, da un punto di vista squisitamente politico e temporale si potrebbe dire l’altro ieri.
D’amato. Caro professore ripassi bene l’italiano, i sinonimi e i contrari di ipotesi
Eppure, il candidato (e condannato) D’Amato, invece di essere garantista, come ha sempre sostenuto, bacchetta e dà lezioni di morale e di vita politica e non, quando in realtà dovrebbe cospargersi il capo di cenere e leggere bene gli atti e le accuse che vengono rivolte all’Università Niccolò Cusano e al suo fondatore Stefano Badecchi, visto che, allo stato attuale, si tratta di ipotesi di reato.
E il sociologo professor D’Amato, con tanto di laurea, dovrebbe sapere più di tutti cosa significa e quali sono i sinonimi del termine “ipotesi” ovvero “congettura, presupposizione, supposizione“, senza dimenticare il contrario del termine “ipotesi”, ovvero “certezza, verità, sicurezza e realtà”.
Ecco dovrebbe tenere bene a mente queste parole perché fanno parte dell’italiano, lingua che lui stesso usa (impropriamente?) per chiedere voti, invece di dare per assodate alcune situazioni e usarle a suo uso e consumo per offendere e insultare persone incensurate e che hanno sempre seguito e rispettato la legge dello Stato Italiano. Cosa, questa, che, almeno a leggere la sentenza della Corte dei Conti che lo riguarda, lui non può dire.
Eppure, nella tribuna elettorale andata in onda su Sky tra lo stesso Alessio D’Amato, candidato del Pd alla presidenza della regione Lazio, insieme all’avversaro Francesco Rocca, con attacchi del candidato (e condannato) D’Amato (la Corte dei Conti l’ha condannato a pagare 275.000 euro, per aver distratto soldi pubblici in una vicenda assolutamente nebulosa, prescritta però dal punto di vista penale) e un tentativo di screditare Rocca, ormai dato unanimemente per vincente, utilizzando diverse volte in modo volgare e strumentale la vicenda che vede al momento interessato il gruppo dell’Università Niccolò Cusano del Coordinatore Nazionale Stefano Bandecchi.
Per D’Amato nel 2020 l’Unicusano era “un modello da seguire”
Bandecchi, con la chiarezza e la determinazione che lo contraddistinguono, ha risposto al candidato D’Amato, ricordando allo stesso il fatto che sia “stato condannato dalla Corte dei Conti per il reato di distrazione di soldi pubblici e dovrà pagare 275.000 euro di sanzione allo Stato“, mentre la vicenda che vede coinvolta Unicusano è in fase di indagine, è basata su una ipotesi di reato (che Stefano Bandecchi è certo di smentire totalmente, confortato da pareri di eminenti esperti di Diritto Tributario). Due pesi e due misure per Alessio D’Amato, garantista con sé stesso (condannato) e giustizialista con gli altri (incensurati). “Prima di pronunciare il mio nome caro D’Amato, ripensa alla tua storia e ricorda bene ciò che ti è successo con la Corte dei Conti che ti ha condannato, ma tu questo lo dici…”, le parole del fondatore dell’Università Stefano Bandecchi.
Pensare che il 17 settembre del 2020, lo stesso Alessio D’Amato, all’epoca Assessore della Sanità alla Regione Lazio, aveva fatto visita all’Università Niccolò Cusano per l’apertura di un Hub Vaccinale, dove lui stesso si è fatto tamponare insieme al Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “L. Spallanzani” Francesco Vaia e ad altri politici.
“Sono davvero contento di essere qui, vedo l’efficienza del personale dell’Università che ha messo in piedi una struttura davvero invidiabile, funzionale e vincente. L’Università Niccolò Cusano è senza dubbio un modello da seguire, in questo momento di difficoltà c’è bisogno di strutture come questa“, parole pensate un po’ di Alessio D’Amato, che quel giorno fu ospite dell’Università, congratulandosi non solo per l’Hub ma per la struttura e verificando di persona anche della soddisfazione e felicità degli stessi studenti che la frequentavano.
Eppure non sono passati trenta o vent’anni, ma appena due anni e quattro mesi da quel giorno. Un po’ poco per cambiare radicalmente opinione e gettare discredito su un’Università dove, non solo ci sono studenti che frequentano e studiano con successo, ma anche e soprattutto dove ci lavorano persone (quindi famiglie) che vengono pagate regolarmente, stipendi e contributi, anche e soprattutto adesso, nonostante siano stati sequestrati 21 milioni di euro, senza avere ancora una valida motivazione o prova di aver infranto le leggi dello Stato Italiano.
Ma per il candidato (e condannato) D’Amato è tutto chiaro. La sentenza l’ha già emessa lui. Il problema vero sarà se e quando tutto rientrerà e sarà davvero più chiaro, il signor candidato (e condannato) D’Amato e tante altre persone, anche quelle che hanno parlato di soldi sporchi, avranno il coraggio di chiedere scusa? Probabilmente no o, forse, davanti all’eventualità di un maxi-risarcimento per danni d’immagine e quant’altro, magari avranno la faccia tosta di venire incontro e tentare un dialogo con la stessa Università e con il suo fondatore Stefano Bandecchi per rimediare alle offese e agli insulti gratuiti. Il tempo sarà galantuomo, diceva qualcuno più saggio….