Un 28enne è stato arrestato per aver picchiato, sequestrato e torturato una escort di nazionalità rumena a Desio, nella bassa Brianza. L’episodio è avvenuto nella notte tra sabato e domenica in un hotel della cittadina. A salvare la donna è stata l’insistenza di un’amica che, non riuscendo a rintracciarla per via telefonica, ha deciso di contattare i Carabinieri, i quali sono giunti sul posto e hanno trovato la 30enne in stato confusionale di shock.
L’arrestato, su disposizione della Procura di Monza, è stato sottoposto in un primo momento agli arresti domiciliari ma è stato poi trasferito nel carcere cittadino.
Desio, il racconto della escort: “Costretta a consumare cocaina”
Particolarmente efficace e rapido il ritrovamento e l’arresto del 28enne che ieri sera a Desio ha costretto una escort 30enne a un vero e proprio inferno in una camera d’albergo. A raccontare quanto avvenuto è la vittima stessa, in una prima ricostruzione dei fatti attuata in uno stato psicologico particolarmente fragile.
La giovane, che ha spiegato di essere costretta a prostituirsi per sopravvivere, ha raccontato di essere stata anche ripetutamente picchiata non appena si è rifiutata di eseguire gli ordini che il 28enne le impartiva gridando e urlando. Dopo averla minacciata, l’aggressore le ha sottratto il cellulare e ha rischiato di strangolarla con il cavo di ricarica del telefonino. A quel punto ha rinchiuso la escort in un armadio e si è dato alla fuga. La donna, rintracciata dagli agenti grazie alle grida di disperazione, ha inoltre ammesso di essere stata costretta a sniffare della cocaina. Sul suo corpo evidenti segni di violenza fisica che si aggiungono a uno stato d’animo mentale tutt’altro che lucido: attualmente si trova all’ospedale di Desio per accertamenti.
Una volta identificato, il 28enne è risultato già schedato nel database a causa di una condanna a 12 anni per tentato omicidio nei confronti del secondo marito di sua madre. In quel frangente, risalente al 2016, il figlio aveva attuato la parte materiale di un piano orchestrato dalla madre stessa, somministrando alla vittima ignara un anticoagulante, mascherando così l’omicidio come una morte naturale. Tuttavia l’idea andò a monte dopo che gli inquirenti risalirono alla coppia madre-figlio sulla base di un’aggressione precedente nei confronti dell’uomo, che aveva sporto denuncia.