La Francia sta pensando a una legge in grado di regolare il mercato degli influencer e in particolare la loro principale fonte di guadagno, ovvero i contenuti sponsorizzati. Il deputato socialista Arthur Delporte presenterà in Parlamento tra qualche giorno una proposta di legge che punta a regolamentare un settore in cui si moltiplicano scandali e truffe. La nuova legge “intende creare le condizioni legali per riconoscere giuridicamente una professione che non è ancora contemplata dal diritto francese, e che quindi finora ha dovuto seguire regole che erano state fatte per altre professioni“, riportano i giornali d’Oltralpe. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.

La Francia pensa a una stretta sugli influencer: al vaglio una proposta di legge per regolamentare la professione

Stando alle stime del governo, nel Paese ci sarebbero circa 150mila influencer per un giro d’affari multimilionario. La bozza di legge, che vuole inoltre riconoscere anche il mestiere ormai diffuso di “agente degli influencer”, verrà discussa a marzo 2023. Al momento non vi sono ancora dettagli, ma Oltralpe la questione sembra essere davvero molto sentita, come dimostra la proposta del ministro dell’Economia Bruno Le Maire che all’inizio di gennaio ha lanciato una consultazione popolare online per raccogliere proposte su come “inquadrare meglio gli influencer”. I temi sul tavolo spaziano dalla creazione di una sorta di albo professionale a una definizione giuridica ufficiale di chi siano gli influencer e i loro agenti; dall’istituzione di un codice deontologico di buona condotta da seguire all’obbligo da parte degli influencer di segnalare le immagini e i video ritoccati fino all’aumento della sorveglianza delle autorità e il divieto di promuovere certi prodotti. Il governo punta anche a fare accordi con i social network affinché rendano più semplice per gli utenti segnalare truffe e comportamenti scorretti. Tra gli altri, si vuole evitare agli influencer la sponsorizzazione di interventi chirurgici (con riferimento particolare a quelli estetici), farmaci e investimenti rischiosi come quelli in criptovalute. Così, dopo essere stato uno dei primi Paesi a varare una legge per il diritto alla disconnessione e aver applicato la direttiva sul copyright nei contenuti di informazione, sulla regolamentazione delle attività online in questi ultimi anni le autorità francesi sono state più attive rispetto a quelle di altri Paesi. Anche in Italia anche ci sono delle “regole” da seguire per gli influencer come l’obbligo di inserire gli hashtag #ad o #suppliedby per indicare in maniera chiara ai loro follower che, tramite quel post, stanno effettuando una vera e propria pubblicità a pagamento. Questo perchè secondo il principio sancito dall’art. 1, comma 2, del Decreto Legislativo 145/2007, la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta. L’obbligo di inserire questi hashtag non è previsto solo per quegli Influencer legati all’azienda da un rapporto di natura commerciale, ma anche per quelli che ricevono occasionalmente e gratuitamente (o per un modico valore) i prodotti e, dunque, se decidono di citarli nelle loro stories o nei loro post dovranno comunque segnalare la natura di quell’opinione, inserendo una precisazione o disclaimer in maniera verbale, se parlata, o ben leggibile, se scritta. Tale obbligo riguarda ovviamente anche le stories. Nel nostro Paese si contano 350mila content creator, influencer, podcaster, youtuber, streamer, instagrammer e cyber atleti che, nel complesso, muovono un fatturato di 280 milioni di euro. La categoria è rappresentata da un sindacato, Assoinfluencer: la prima associazione italiana di categoria a essere inserita nell’elenco delle professionali del ministero dello Sviluppo economico. Quella dell’influencer è una figura nuova e che cambia tanto rapidamente quanto il mondo dei media”, spiega Jacopo Ierussi, founder e presidente di Assoinfluencer. “I creator possono essere artisti e imprenditori, atleti e divulgatori, ma sono sempre professionisti, capaci di produrre valore attraverso competenze e strumenti specifici. E in quanto professionisti, in un mercato ancora non regolato, ciò che fino ad oggi è mancato è esattamente una realtà che ne tutelasse diritti e interessi”.