Condannato a 15 anni un ex anestesista di Trieste per aver ucciso 9 pazienti anziani con altrettante iniezioni letali.
Si tratta del dottor Vincenzo Campanile, medico originario di Monfalcone ed ex anestesista del 118 di Trieste, che è stato condannato dalla Corte d’assise per omicidio volontario. La pena è di 15 anni e 7 mesi, inferiore di dieci anni a quella chiesta dal pubblico ministero Cristina Bacer che aveva infatti chiesto una pena di 25 anni e 6 mesi di reclusione.
I giudici hanno concesso all’imputato non solo le attenuanti generiche, ma anche l’attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale. Secondo i giudici infatti Campanile avrebbe ucciso per mettere fine alle sofferenze di quelle persone.
Le iniezioni avevano inoculato potenti sedativi, tra cui il Propofol, somministrato nel corso di alcuni interventi di soccorso domiciliare. Durante la requisitoria la pm ha affermato come la somministrazione di questo sedativo, soprattutto nell’ultimo caso fosse stata ammessa dal medico stesso durante una telefonata intercettata dalle Forze dell’ordine. Secondo il magistrato il movente era l’”espressione di una scelta ideologica”.
La sentenza è stata letta dal presidente della Corte Giorgio Nicoli durante la quale il medico è stato ritenuto colpevole per tutti i casi contestati.
Trieste iniezioni letali a 9 anziani: la vittime
Le vittime avevano tutte tra i 75 e i 90 anni, quattro di loro avevano patologie oncologiche e per questo avevano richiesto un intervento d’urgenza a causa dell’aggravarsi delle loro condizioni di salute. I fatti contestati risalgono a un periodo compreso tra il Novembre 2014 e il Gennaio 2018.
L’inchiesta che aveva portato alle indagini era iniziata dopo la morte di Mirella Michelazzi di 81 anni, che era stata soccorsa il 3 Gennaio del 2018 all’interno della casa di cura “Mademar” e proprio in quel caso Campanile aveva effettuato un’iniezione di Propofol.
Il caso era stato segnalato dai colleghi all’Azienda sanitaria e la Procura di Trieste aveva così riaperto altri otto casi di decessi avvenuti a seguito dell’intervento di quel medico con l’ulteriore decisione di far riesumare cinque salme per svolgere gli accertamenti autoptici e capire cosa fosse realmente successo a quei pazienti.
I familiari delle vittime, costituti parte civile e i loro avvocati Antonio Santoro, Maria Genovese e Giuliano Iviani hanno chiesto danni (in solido con l’Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina) pari a 200 mila euro per ogni figlio o coniuge, più altre somme per i minori e per i nipoti. In totale si tratta di due milioni di euro.
L’avvocato Santoro ha inoltre, sostenuto la responsabilità dell’Azienda sanitaria considerando che il medico ha utilizzato strumenti che gli erano stati forniti da loro tra cui proprio il Propofol e il fatto che fossero già sorti alcuni dubbi sul suo operato.
L’avvocato Giovanni Borgna, difensore della struttura sanitaria, ha ribattuto che proprio l’Azienda aveva denunciato Campanile e per questo ha chiesto un danno di immagine e morale che ammonta a 400 mila euro.
Secondo i difensori Alberto Fenos e Manlio Contento, in tutti i casi il Propofol non avrebbe raggiunto il cervello delle vittime e quindi non sarebbe stata quella la causa dei decessi, anche perché non vi sarebbe la certezza che la dose inoculata fosse congrua per provocare la morte.
I giudici hanno dichiarato la prescrizione per due reati di falso, infatti il medico aveva alterato la scheda dell’intervento di una delle vittime, omettendo di indicare la sostanza letale che gli aveva iniettato e aveva dichiarato di aver effettuato un tentativo di rianimazione, anche con il defibrillatore nel momento in cui il paziente era andato in arresto cardiaco.
L’ex anestesista oltre alla pena di detenzione è stato anche interdetto dai pubblici uffici e dall’esercizio della professione medica per cinque anni.