Chi era Edda Mussolini Ciano? Una biografia inglese uscita lo scorso anno la definisce “la donna più pericolosa d’Europa” della sua epoca: “complicata, audace e determinata”, primogenita di Benito Mussolini, all’età di vent’anni sposò Galeazzo Ciano, che sarebbe diventato il più giovane ministro degli Esteri, nel 1936, prendendo il posto di suo padre. Legami che ne fecero una delle donne più influenti del regime mussoliano, almeno fino ad un certo punto.

Chi era Edda Mussolini: figlia di Benito e moglie di Galeazzo Ciano, tra le donne più influenti del regime fascista

Nata a Forlì il 1 settembre 1910, primogenita dei cinque figli avuti da Benito Mussolini con Rachele Guidi, Edda Mussolini “era – come si legge nella biografia firmata da Caroline Moorehead – la figlia prediletta di Benito: viziata, non istruita ma intelligente, infedele ma appariscente, brillante diplomatica, selvaggia ma coraggiosa, e infine forte e leale”. Qualità, queste, che le permisero di diventare una delle donne più influenti del regime mussoliniano: per vent’anni, tra alti e bassi, fu la confidente del padre, agendo come inviata sia in Germania che in Gran Bretagna e apprezzata per la sua intraprendenza.

Sembra che il padre fosse solito dire di lei, scherzosamente: “Sono riuscito a sottomettere l’Italia, ma non riuscirò mai a sottomettere mia figlia”. Nel 1930, all’età di vent’anni, sposò a Roma Galeazzo Ciano, già avviato nella carriera da diplomatico, più tardi ministro della Stampa e ministro degli Esteri del regime fascista. Insieme, come spiega Moorehead, “furono  la coppia più celebre e affascinante dell’elegante e volgare società fascista romana”, almeno fino a un punto di svolta: nel 1943, quando Ciano si schierò contro il suocero votando l’Ordine del Giorno Grandi, che proponeva la destituzione di Mussolini, le loro fortune cambiarono.

Il Duce, suo padre, non sarebbe infatti mai riuscito a perdonare il genero, fucilato nel 1944 dopo essere stato condannato insieme ad altri gerarchi fascisti. Da quel momento ebbe inizio, per Edda, una battaglia solitaria: dopo aver tentato di salvare il marito barattando la sua vita con i famosi Diari tenuti dal consorte durante la guerra e fortemente critici nei confronti della Germania hitleriana, ebbe dei dissidi con la sua famiglia. Sotto falso nome, nel 1944 fuggì quindi con i figli in Svizzera, trovando rifugio in un piccolo convento di suore.

Sarebbe tornata in Italia solo quattro mesi dopo la fine della guerra e la morte di Benito Mussolini, dietro richiesta del governo italiano. Condannata a due anni di confino sull’Isola di Lipari, dopo un anno potè beneficiare dell’amnistia promulgata da Palmiro Togliatti, allora ministro della Giustizia, ricongiungendosi con i figli e passando il resto della sua vita tra Capri e Roma. Negli anni successivi avrebbe concesso una serie di interviste: la prima, filmata nei giardini di Villa Torlonia, un tempo residenza di famiglia e oggi parco pubblico, nel 1982; un’altra nel 1989; ripercorse così la sua vita, dall’infanzia alla guerra, soffermandosi sull’ascesa al potere del padre, sul marito, Galeazzo Ciano e la sua uccisione nelle tragiche giornate di Verona.

Morì a Roma l’8 aprile 1995, all’età di 84 anni, dopo essere stata ricoverata per una grave insufficenza renale e da allora è sepolta a Livorno, accanto alla salma del marito. Della madre una volta aveva detto: “Lei ha difeso il suo uomo, io ho difeso il mio”. Forse anche per questo viene ricordata come una delle figure più coraggiose del regime: per tentare di salvare la vita del marito si schierò contro la sua famiglia, rischiando di mettere in pericolo anche la sua e quella dei suoi figli. Dichiarerà di aver perdonato il padre per non aver potuto o voluto salvargli la vita solo 50 anni dopo, sul punto di morire.