Da fiore, da cowboy, da principessa, da super eroe… i travestimenti di questo periodo di feste e goliardia sono moltissimi anche se, forse, nel tempo si è un po’ perso l’amore per le maschere di carnevale italiane più tradizionali. Da Arlecchino a Pantalone, passando per Pulcinella, vi ricordate ancora quali sono?

Ecco le maschere di carnevale italiane tradizionali

Nel nostro percorso alla riscoperta delle maschere di carnevale italiane della tradizione, non possiamo che partire dal mitico Arlecchino, maschera bergamasca famosa per il suo vestito di “cento” colori. Il suo vestito è così colorato perché composto dai pezzi di stoffa avanzati dai costumi dei suoi amici, regalati al povero Arlecchino in modo da permettergli di avere un costume di carnevale tutto suo. Secondo un’altra versione, sembra che Arlecchino sia stato al servizio di un avarissimo speziale che lo vestiva con le toppe dei propri abiti sdruciti. Arlecchino è stravagante e scapestrato, anche pigro, ma pieno di astuzia e di coraggio.

Bergamasco anche Brighella,  il cuoco, il cameriere, il capo servitù, antagonista di Arlecchino: è attaccabrighe, imbroglione, chiacchierone, insolente con i sottoposti e insopportabilmente ossequioso con i padroni. Indossa la livrea, simbolo dell’appartenenza al padrone: calzoni larghi e giacca bianchi, listati di verde, un mantello bianco con due strisce verdi, un berretto a sbuffo e la mezza maschera sul viso.

Dal Piemonte arriva invece Gianduja, una maschera popolare torinese nata nel 1798 il cui nome deriva dall’espressione piemontese Gioan d’la douja, che vuol dire Giovanni del boccale. Ha un costume di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto giallo e le calze rosse. Sul collo porta un fiocco verde oliva e un ombrello sempre dello stesso colore. Ha le scarpe di color nero e i calzini rossi, in testa porta un tricorno e la parrucca con il codino. Gianduja è un galantuomo, con buon senso e coraggio, ama il buon vino, la buona tavola e l’allegria. 

L’unica maschera femminile tra le maschere di carnevale italiane è la veneziana Colombina, servetta vivace e allegra, furba e un po’ civettuola, graziosa e chiacchierina nel suo dialetto veneziano. Reginetta del carnevale in Laguna, indossa una cuffia e un vestito a fiori bianchi e blu che spiccano sulla gonna blu e sulle calze rosse. Sulla fibbia delle scarpe c’è un fiocchetto azzurro.

Sempre da Venezia Pantalone, la maschera che impersona un vecchio mercante avaro e brontolone, che crede solo nel denaro e nel commercio. Pantofole ai piedi, indossa camicione e calzamaglia rossi con un colletto bianco e, sopra, un mantello nero. Porta una maschera in faccia e una cinta alla vita. In testa ha una cuffia aderente che sembra un tutt’uno con la maschera. 

Da Milano arriva invece Meneghino, inconfondibile con il suo cappello a tre punte e la parrucca con codino alla francese. Vestito di una lunga giacca di velluto, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, Meneghino impersona un servitore rozzo ma di buon senso, che non fugge quando deve schierarsi al fianco dei suoi simili.

Il napoletano Pulcinella può considerarsi la più antica maschera di carnevale italiana: già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con l’arrivo del Cristianesimo, è risorta nel Cinquecento con la Commedia dell’Arte e da allora personifica virtù e vizi del borghese napoletano. Inconfondibile, è vestito di bianco con maschera nera sul volto.