Gruppo Gedi, sequestro di 38 milioni di euro, una misura preventiva. Una questione ancora aperta ma che pochi conoscono. Già perché basta andare su un qualsiasi motore di ricerca, digitare la notizia in questione e ci si rende conto che di questo argomento ne hanno trattato davvero poche testate. Eppure il gruppo è di quelli importanti anzi, dal punto di vista editoriale, probabilmente, vedendo le testate collegate, il più importante.
All’interno ci sono giornali come La Repubblica e La Stampa, quotidiani illustri che orientano e indirizzano le masse che, spesso, fanno pressioni sui governi e che, a volte, si mettono anche a bacchettare o pontificare se una cosa è giusta e sbagliata, soprattutto in materia di tasse o a maggior ragione sui diritti dei lavoratori e quanto sia giusto e fondamentale pagare i contributi agli stessi. Tutti argomenti dei quali è giusto parlare. Però del famoso sequestro preventivo di oltre 38 milioni di euro avviato tra fine dicembre 2021 e inizio gennaio 2022, nessuno sa niente. Ma come è possibile?
Gruppo Gedi sequestro 38 milioni di euro. Il motivo
E poi perché la Procura di Roma ha disposto il sequestro di questa ingente e importante somma di denaro? 38 milioni di euro presi dalla società editrice Gedi (di cui ribadiamo parte tra l’altro i quotidiani La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, l’Huffington Post e tanti altri). Ebbene, l’iniziativa della Procura di Roma nasce da un’indagine che con l’avallo del gip, ai sensi della legge 231 del 2001, quella che punisce la responsabilità amministrativa delle società, ha bloccato una somma equivalente “al massimo che l’accusa ritiene essere stata sottratta al bilancio dell’INPS per delle presunte irregolarità nelle procedure di prepensionamento di una settantina di dipendenti, operazione effettuata, ed è cronaca, quando però la società editrice era ancora controllata, dalla Cir cioè la holding degli affari della famiglia De Benedetti”, ricorda e sottolinea con dettagli precisi “Il Corriere del Giorno“, altro quotidiano che ha lavorato su questa storia.
A tirare fuori la storia e la notizia così importante, però, è stata La Verità e né dalla Gedi, né dalle agenzie di stampa o da altri organi di informazione di livello nazionale era stato diffuso alcun comunicato su questa vicenda, raccontata dal giornale diretto da Belpietro.
Non è esagerato, almeno vedendo (e lo ribadiamo) sul web le poche testate che ne hanno parlato, pensare ad una brutta e particolare forma di “autocensura”. E’ particolare, ad esempio, che altri importantissimi giornali, che non fanno parte del gruppo Gedi e quindi competitor, non abbiamo ritenuto opportuno informare i loro lettori su quanto stava avvenendo al Gruppo Gedi, ai loro dipendenti e ai soldi sequestrati, ben 38 milioni di euro. Una grave mancanza e un torto a chi il giornale lo comprava e non trovava una notizia così grossa. Perché se ci sono imprenditori da mettere in prima pagina e distruggere le loro aziende, mettere a rischio i loro dipendenti, e le rispettive famiglie, non si fanno figli e figliastri, ma se c’è di mezzo e coinvolto il Gruppo Gedi o ex Gruppo l’Espresso, allora si fa finta di niente. Che razza di modo di informare è mai questo?
La Procura di Roma ha chiuso le indagini, si va verso il rinvio a giudizio
Uno dei tre indagati, Monica Mondardini, ha lasciato il gruppo Gedi, in cui ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato e vicepresidente, per passare alla Cir dell’ingegner Carlo De Benedetti, gli altri due manager sotto inchiesta, il direttore delle risorse umane Roberto Moro e il capo della divisione Stampa nazionale Corrado Corradi fino al momento delle indagini erano ancora in Gedi
Il fascicolo, ricorda La Verità, è in mano all’aggiunto della Procura di Roma Paolo Ielo e al pm Francesco Dall’Olio in relazione ad una presunta truffa ai danni dell’Inps legata al prepensionamento di dirigenti e altri dipendenti di Gedi e della concessionaria pubblicitaria Manzoni che non avrebbero avuto diritto al beneficio e che per questo sono stati demansionati o trasferiti per ottenere lo scivolo.
Le indagini sono state chiuse da qualche mese e adesso si sta decidendo se rinviare o meno a giudizio le persone interessate e lo stesso Gruppo Gedi. Gli elementi sembrano essere davvero tanti e circostanziati, tanto che si pensa ci possa essere il rinvio a giudizio.