“Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo. Giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa!”. E’ risuonata forte la sera di martedì 1 febbraio la voce di Papa Francesco da Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo, che si rivolgeva alle autorità, al mondo della cultura e al corpo diplomatico. 

La visita di Papa Francesco in Congo

Il Congo, che è un vero diamante del creato, con la seconda più grande foresta pluviale della Terra e immense risorse di pietre preziose, oro, cobalto e coltran (fondamentale per costruire le batterie), è stato trasformato -ha denunciato Francesco – in un diamante insanguinato, da numerosi Paesi del mondo (la Russia e la Cina sono impegnate in una corsa alla conquista coloniale del continente) e da moltissime  multinazionali che soffiano sul fuoco delle divisioni etniche e tribali per rapinare le ricchezze miliardarie del Paese. A questo riguardo  -hanno  scritto i vescovi congolesi- “La comunità internazionale ha una grande responsabilità per l’indulgenza mostrata nei confronti delle multinazionali e dei Paesi predatori”. A  loro ha fatto eco Francesco, il Papa che viene dal Sud del mondo e che sa interpretare con grande empatia le sofferenze e i bisogni del “Global south”, che ha ribadito con grande forza, davanti alle autorità e al corpo diplomatico: “No al colonialismo economico”, sia vecchio che nuovo. Poi, rivoltosi ai congolesi, in maggioranza cattolici,  ha esortato: “Fratello congolese, sorella congolese, rialzati!”.  E dopo aver affermato che: “L’Africa non è una miniera a cielo aperto ad uso e consumo dei potenti del mondo – ha chiesto che: “Il continente diventi protagonista del proprio destino, e sia sorriso e speranza del mondo”. Ma perché questo accada -ha spiegato il Papa, il giorno dopo, nella messa all’aeroporto di Kinshasa, davanti a più di un milione e mezzo di persone – bisogna che si ponga fine alle divisioni e alle guerre etniche e tribali. C’è bisogno di far dialogare e armonizzare  le differenze etniche (200 in Congo, 60 in Sud Sudan) – ha rimarcato con forza Francesco – in una “chimica dell’insieme”, in un’”amnistia del cuore” che tracci un nuovo destino per l’intero continente. Nel pomeriggio di ieri, il Papa ha incontrato nella sede della Nunziatura di Kinshasa alcune vittime delle continue violenze che dilaniano il Paese, e in particolare degli stupri, che qui sono diventati una normale arma di guerra per annientare intere comunità.

La tappa in Sud Sudan

Domani termina la prima tappa del viaggio papale in terra d’Africa -che si avvale della presenza del missionario comboniano Giulio Albanese, vera “voce” dell’Africa nella Chiesa italiana – e Francesco si trasferisce, fino a domenica 5 febbraio, in Sud Sudan, il più giovane Stato del mondo, da sempre in preda a conflitti interetnici  e regionali, soprattutto a causa della grande quantità di petrolio racchiusa nel suo sottosuolo, e anch’esso a maggioranza cattolica. In questa seconda tappa del suo viaggio africano, Francesco sarà  accompagnato dal primate della Chiesa anglicana Justin Welby e dal moderatore della Chiesa di Scozia, Ian Greenshields. Una visita dall’intenso significato ecumenico, in un Paese dove rimane molto forte la tensione politica e sociale tra la maggioranza etnica dei Dinka, al governo, e la minoranza dei Nuer, all’opposizione.

VaticanoMondo è una rubrica a cura di Raffaele Luise, storico vaticanista Rai