Nonostante la visione condivisa sul tema dei migranti promessa qualche giorno fa da Charles Michel, l’Ue ha inviato lo scorso 26 gennaio (dunque prima della visita del leader belga a Roma) una lettera di diffida al governo italiano in merito all’applicazione del decreto Ong.

La missiva è firmata da Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, e indirizzata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Il governo italiano deve considerare la possibilità di ritirare il decreto legge sulle Ong oppure modificarne il testo in conformità agli obblighi in materia di diritti umani e di diritto internazionale

Estratto della lettera Ue

Tra i punti contesi ci sono gli obblighi di salvataggio sanciti dal diritto intenzionale: la possibilità di effettuare salvataggi multipli, l’assegnazione di porti lontani (“che prolunga le sofferenze di chi è a bordo”) e la conformità dei requisiti tecnici di idoneità da parte delle navi. Ma nella comunicazione ci sono anche altre questioni su cui bacchetta Roma: la sospensione immediata di ogni forma di cooperazione con la Libia e il presunto rumor secondo cui l’Italia starebbe trasferendo migranti in Grecia tramite navi private (vedendo così respinta la domanda di asilo).

Decreto Ong, il Viminale: “Obiettivo evitare sbarchi di migranti sistematici”

Nella lettera di risposta inviata a Bruxelles, di cui sono emersi alcuni passaggi, il Viminale sottolinea che “i timori espressi sono infondati. Nel mirino delle autorità continentali c’è dunque il decreto Ong, uno dei principali interventi operati dal governo Meloni in materia di migranti, nonché uno stadio iniziale di quello che nel disegno politico è il “decreto flussi”.

Scorrendo poi la lettera, si legge che “le nuove disposizioni non impediscono alle Ong di effettuare più interventi di salvataggio, né le obbligano a ignorare eventuali richieste d’aiuto se hanno già preso a bordo altre persone“. In sintesi, l’Esecutivo precisa qualche riga sotto che “la nuova norma intende evitare la sistematica attività di recupero dei migranti nelle acque antistanti le coste libiche e tunisine al fine di condurli esclusivamente in Italia, senza alcuna forma di coordinamento“.

Non a caso, il decreto Ong è stato inizialmente ribattezzato come “codice di riforma della condotta delle Ong”, sottolineando come in assenza di dialogo tra le parti il governo italiano si riservi il diritto di decidere le modalità di gestione dei flussi migratori all’interno dei propri confini.

C’è invece un aspetto cruciale della missiva che ha generato delle polemiche anche interne, e che non deve passare in secondo piano, vale a dire l’assegnazione dei porti. Nelle scorse settimane le opposizioni avevano sollevato dubbi e perplessità su alcune destinazioni particolarmente distanti dal punto in cui si trovavano le navi una volta concessa l’autorizzazione allo sbarco: Ravenna e La Spezia furono i casi più eclatanti. Ebbene, il governo risponde persino a tale questione spiegando che “l’assegnazione dei porti nel Nord e nel Centro Italia è disposta con l’obiettivo di alleggerire gli oneri logistici che gravano soprattutto su Lampedusa, Sicilia e Calabria“, aggiungendo poi che “le navi di grandi dimensioni possono effettuare lunghe traversate in totale sicurezza”, meteo permettendo.