Cannavacciuolo truffato, è di oggi mercoledì 1 febbraio 2023, la notizia di tre persone finite a giudizio con l’accusa di avere indebitamente usato il marchio omonimo registrato dello chef pluristellato. Antonino Cannavacciuolo è noto anche per le sue partecipazioni e trasmissioni TV come MasterChef Italia.

Il periodo risale al periodo tra il settembre 2018 e il dicembre 2019, e riguarda un ristorante di Marina di Ravenna. Il processo partirà a fine mese davanti al Tribunale monocratico di Ravenna, e fa fronte alla violazione dell’articolo 473 del codice penale.

Gli indagati sono un 63enne di Lumezzane (Brescia) e due cubani, un uomo e una donna, rispettivamente di 50 e 32 anni, residenti a Marina Romea, sul litorale ravennate.

I tre sono difesi dagli avvocati Marco Agosti, Chiara Belletti e Luigi Berardi, e sono stati indicati come amministratori di diritto o di fatto della società bresciana legata in quel periodo alla gestione del locale. La denuncia è pervenuta ai Carabinieri della Stazione di Orta San Giulio (Novara), dallo stesso chef, avvisato il 9 settembre 2018 via Facebook, da un’ammiratrice culinaria, di un volantino con una sua foto che pubblicizzante la riapertura del locale ravennate con “Menù di pesce e crudité, curato dallo chef Antonino Cannavacciuolo“. In seguito era emerso un camion vela con una gigantografia dello stesso chef, accostato al nome del ristorante in questione. Cannavacciuolo, originario di Vico Equense (Napoli) ma residente nel Novarese, aveva chiesto alla sua segretaria di scovare informazioni.

Antonino Cannavacciolo, torna con un nuovo ciclo di episodi di Cucine da incubo, in arrivo da domenica 3 aprile per la prima volta su Sky Uno, in streaming su NOW e sempre disponibile on demand, Roma, 30 Marzo 2022. ANSA/US/SKY

Cannavacciuolo truffato, le prove arrivano dalla sua segretaria che ha chiamato il ristorante di Marina di Ravenna

La donna si era finta cliente, e la sua telefonata al locale era stata conferma di fatti e registrata e consegnata all’Arma. Gli inquirenti erano poi risaliti alla tipografia a Cesena. Così, tramite il titolare i Carabinieri avevano potuto risalire ai presunti committenti. Il tipografo aveva indicato i nomi dei compratori, precisando però, che nessun pagamento era mai avvenuto. Più avanti, con la pubblicazione dei volantini, era stato chiamato da un uomo che si era qualificato come vecchio titolare del ristorante, il quale gli aveva chiesto se fosse stato autorizzato a fare pubblicità usando “nome e immagine dell’illustre chef“.

Il locale sotto inchiesta era molto rinomato negli anni Ottanta e Novanta a Marina di Ravenna, tanto da essere frequentato anche dall’imprenditore Raul Gardini. Successivamente, la chiusura, con un nuovo titolare e la gestione affidata a terzi.

La donna 32enne sotto accusa si era presentata come cameriera del locale alle direttive del 63enne bresciano, davanti ai Carabinieri della Stazione di Marina di Ravenna, coordinati dal PM Marini Gattelli. La cubana aveva dichiarato di aver ricevuto quel menù da Cannavacciuolo nel novembre 2016, in occasione del programma “Cucine da incubo“, quando lei aveva in gestione un ristorante a Suzzara (Mantova). Così, l’idea di usarlo per poter fare pubblicità, pensando si potesse fare. A suo dire, aveva proposto il suo pensiero al capo, il quale le avrebbe detto di contattare la società di promozione. Secondo le carte del fascicolo, il marchio Cananvacciuolo, risulta essere stato depositato il 27 luglio 2017 all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, con data di concessione al primo giugno 2018, ovvero pochi mesi prima dei fatti contestati.

Antonino Cannavacciuolo, tempo fa la truffa dei Bitcoin

Già due anni fa, Antonino Cananvacciuolo era stato protagonista involontario di una fake news diffusasi in rete. Secondo la “bufala“, lo chef napoletano sarebbe diventato più ricco grazie ai bitcoin e le criptovalute lo avrebbero portato a guadagnare una cifra di 9,9 milioni di euro. La notizia, assolutamente falsa, ha trovato invece terreno fertile sul Web e su tutti i social network. La fake news era stata preparata ad arte e veicolata attraverso un sito web verosimile a quello di un quotidiano nazionale e ha preso quota anche perché, spesso, gli utenti, non prestano troppa attenzione alla natura dell’articolo, e non vedono se la fonte sia attendibile o meno.

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