Roma avvocato porta droga. E’ successo al carcere romano Regina Coeli, dove un avvocato ha deciso di lasciare della cocaina al suo assistito, durante un colloquio. Ma il legale è stato colto in fragrante dalla polizia penitenziaria e il suo gesto è stato presto denunciato dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria.
Roma avvocato porta droga a Regina Coeli
Danilo Siliquini -è questo il nome dell’avvocato- si era recato al carcere romano Regina Coeli per un colloquio con il suo assistito e gli aveva portato 56 dosi di cocaina, 2 cd masterizzati e anche un gratta e vinci. Ma il suo tentativo non ha avuto successo ed è stato presto sorpreso dalla polizia penitenziaria. Per l’avvocato, l’accusa di spaccio viene aggravata dal fatto che ha tentato di far circolare della droga all’interno di locali penitenziari.
Il suo arresto, in flagranza di reato, è stato convalidato dal pubblico ministero Carlo Villani ed è stata disposta per lui la misura cautelare dei domiciliari, in attesa della prossima udienza del 2 marzo. Il processo si è già celebrato nella cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, in cui il legale ha motivato il suo gesto, adducendo come giustificazione i debiti contratti e le difficoltà affrontate in quel momento.
L’avvocato pusher: chi è Danilo Siquilini
L’avvocato colpevole è Danilo Siliquini, 55 enne, che era iscritto al foro di Civitavecchia: attivo nell’ambito del penale, al processo ha motivato il suo comportamento sulla base di alcuni debiti contratti, che lo avrebbero portato a cedere la cocaina al suo assistito, con tanto di sostanza da taglio. Il suo atteggiamento ha insospettito le guardie penitenziarie, le quali lo hanno subito colto su flagranza di reato.
Nonostante questo, non è la prima volta che l’avvocato ha problemi con la giustizia: l’uomo, infatti, sta sostenendo un altro processo, in cui è accusato di tentata estorsione. Siliquini, del resto, avrebbe aiutato una donna, una sua cliente, a recapitare dei messaggi minatori ad un altro uomo, un legale. La donna pretendeva dall’avvocato minacciato tra i 50.000 e i 100.000 euro per non rivelare alla moglie la relazione segreta che avevano insieme. Siliquini sarebbe stato accusato per favoreggiamento.
Il caso Siliquini e il sindacato autonomo per la polizia penitenziaria
Si esprime sul caso il segretario nazionale Sappe, Donato Capece: “Il legale si è presentato a Regina Coeli per il colloquio con il detenuto. Durante il colloquio ha tentato di cedere 56 dosi di cocaina, svariati grammi di sostanza da taglio, due cd masterizzati e persino un gratta e vinci ma è stato sorpreso e fermato dalla polizia penitenziaria in servizio […] Una situazione sconcertante, davvero assurda.”
A questo quadro sconcertante si contrappone, secondo Capece, l’ottimo grado di maturità raggiunto dalla polizia penitenziaria, che ha subito colto sul flagrante l’uomo: “Questi episodi, oltre a confermare il grado di maturità raggiunto e le elevate doti professionali del personale di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Regina Coeli a Roma, ci ricordano che il primo compito della polizia penitenziaria è e rimane quello di garantire la sicurezza dei luoghi di pena e impongono oggi più che mai una seria riflessione sul bilanciamento tra necessità di sicurezza e bisogno di trattamento dei detenuti. Tutti possono immaginare quali e quante conseguenze avrebbe potuto causare l’introduzione di droga e telefoni cellulari in un carcere.”
E, in effetti, non è il primo caso recente nel quale si tenta di introdurre della droga all’interno delle carceri: lo scorso luglio un altro uomo sarebbe stato arrestato, per aver cercato di fare avere ad un amico detenuto non solo la droga, ma anche cellulari e schede sim. Aveva nascosto tutto nella scarpa, ma è stato presto sorpreso dalla polizia penitenziaria.
Non manca, a questo punto, un sincero ringraziamento, per tutto ciò che la polizia penitenziaria riesce a fare, nonostante le criticità nel loro settore: ” ai baschi azzurri di Roma […] va il nostro sincero ringraziamento per quel che fanno ogni giorno per la sicurezza sociale.”