Chi è Massimiliano Sestito. Nella tarda serata del 30 gennaio il killer di ‘ndrangheta ha rotto il braccialetto elettronico evadendo dagli arresti domiciliari a Milano. Sestito è fuggito dalla casa del padre a Rho, comune alle porte della città. Le indagini sono state affidate ai carabinieri di Milano. Non è la prima volta che il cinquantaduenne scappa. Il 7 agosto 2013 Massimiliano Sestito non aveva fatto ritorno al carcere di Rebibbia dopo aver ottenuto un permesso premio. Gli investigatori della Mobile si erano messi sulle sue tracce e lo avevano catturato in spiaggia a Palinuro a metà settembre. L’uomo si stava godendo il sole in costume da bagno. Su disposizione della Corte d’Appello di Roma, dallo scorso 12 gennaio, Sestito era stato scarcerato dal penitenziario di Terni e sottoposto alla detenzione domiciliare a Rho in regime di sorveglianza speciale.
Chi è Massimiliano Sestito, “ha spezzato il braccialetto elettronico”
Massimiliano Sestito si è dato alla fuga dopo aver rotto il braccialetto elettronico. Ad accorgersene sono stati i militari che quando si sono presentati alla sua porta per il controllo quotidiano non lo hanno trovato nell’abitazione. Le sue ricerche sono estese a tutto il territorio nazionale. Massimiliano Sestito è un affiliato alla cosca della ‘ndrangheta catanzarese Iozzo-Chiefari-Procopio. Oltre ad avere condanne per associazione di stampo mafioso, traffico di stupefacenti e porto abusivo di armi, il 52enne è responsabile di due omicidi. E’ stato condannato a 30 anni per l’assassinio di un appuntato dei carabinieri nel 1991, Renato Lio, e all’ergastolo per un boss, Vincenzo Femia, nel 2013. Per quest’ultimo omicidio, l’uomo era in attesa della sentenza della Cassazione. Nell’ipotesi in cui ci fosse stata una condanna, è probabile che Sestito dovesse rientrare in carcere perdendo il beneficio della detenzione domiciliare.
L’omicidio di Renato Lio e del boss Vincenzo Femia
Massimiliano Sestito fu redarguito per l’assassinio di Renato Lio. L’uomo sparò tre colpi all’appuntato dei carabinieri che stava perquisendo l’auto sulla quale si trovava in compagnia di altri, giudicati poi estranei al fatto. Dopo un periodo di latitanza di un anno, era stato arrestato e condannato all’ergastolo in primo grado nel 1993, pena poi ridotta a trent’anni, lo stesso anno, in Appello. Nel 2013 Massimiliano Sestito uccise Vincenzo Femia, 76enne calabrese della cosca di San Luca, residente a Roma dove veniva considerato un esponente di spicco della malavita. Fu freddato da nove colpi di pistola al volto all’Ardeatino. Il corpo venne ritrovato nella sua autovettura. Stando a quanto emerso, Vincenzo conosceva le persone che lo hanno ucciso in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta con cui erano in corso dei dissidi sulla spartizione della droga a Roma. Il primo a parlare fu il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola che dopo aver confessato agli agenti di aver fatto parte del commando che aveva ucciso Femia rivelò i nomi degli altri uomini. Sestito aveva tentato di far perdere le sue tracce dopo l’arresto di Cretarola ma sia lui che Pizzata vennero poi rintracciati e arrestati. Il nuovo processo di appello si era celebrato dopo due rinvii della Corte di Cassazione. Nel processo d’Appello ter il sostituto procuratore generale Francesco Mollace aveva chiesto la condanna all’ergastolo per entrambi.
Il commento di Matteo Salvini
Sulla vicenda si è espresso anche il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Ha suscitato sgomento il fatto che Massimiliano Sestito si trovasse ai domiciliari e non in carcere: “Darò uno squillo al ministro per capire chi è il giudice che aveva deciso che un killer che doveva essere in galera era ai domiciliari. Puntiamo su una profonda riforma della giustizia: separazione delle carriere, responsabilità civile del giudice che sbaglia perché il ministro può approvare le leggi migliori al mondo, ma se poi qualcuno lascia uscire un ergastolano. Voglio nome e cognome di chi ha firmato questo permesso”, ha concluso.