Dopo trent’anni dai fatti si torna a indagare, a Cesena, sulla misteriosa morte di Chiara Bolognesi, la ragazza di appena 18 anni trovata morta nel fiume Savio nel 1992. La vicenda all’epoca fu archiviata come suicidio, ma la procura di Forlì ha ora deciso di riaprire le indagini: l’ipotesi è che il caso possa essere collegato a quello di Cristina Golinucci, 21enne scomparsa nel nulla qualche mese prima e mai ritrovata.
Chiara Bolognesi Cesena: riaperte le indagini dopo trent’anni dalla morte
Il nuovo fascicolo che prova a far luce sulla morte di Chiara Bolognesi, scomparsa il 7 ottobre 1992 dopo aver studiato a casa di un’amica e il cui corpo fu recuperato il 31 ottobre nel fiume Savio, a Cesena, è stato aperto dalla procura di Forlì contro ignoti per omicidio. Sarebbe stata uccisa, dunque, la 18enne. È quanto trapelato sulla vicenda nelle ultime ore; non si sa, invece, perché gli inquirenti abbiano deciso di tornare sui loro passi, dopo aver archiviato la vicenda come suicidio. Già nei prossimi giorni, secondo Il Resto del Carlino, potrebbe essere riesumato il cadavere della ragazza: le nuove tecniche investigative, ancora ignote ai tempi del ritrovamento, potrebbero portare alla luce eventuali reperti genetici sul corpo.
Un sospetto, già avanzato ai tempi, è tornato a farsi vivo: che il caso Bolognesi possa essere collegato a un altro dramma, quello della scomparsa di Cristina Golinucci, la 21enne svanita nel nulla due mesi prima del ritrovamento del corpo della 18enne e mai ritrovata. Un giallo costellato di punti di domanda, il suo, legati soprattutto al luogo in cui la ragazza avrebbe dovuto recarsi il giorno della sparizione, e davanti al quale era arrivata, ma forse senza entrarvi: il convento dei frati cappuccini di Cesena, dove aveva un appuntamento con il padre confessore. La sua automobile, una 500, fu ritrovata nel parcheggio antistante al luogo di preghiera, ma di Cristina si persero le tracce.
Per la sua scomparsa, negli anni, solo una persona è stata iscritta nel registro degli indagati: Emanuel Boke, un operaio arrivato dal Sudafrica che nel 1992 era ospite del convento, condannato a cinque anni di reclusione per strupro poco dopo la scomparsa di Cristina. In un colloquio avuto in carcere con un frate, nel 1996, l’uomo avrebbe confessato di aver ucciso la ragazza; poi, fino alla fine della pena, avrebbe continuato a ribadire la propria innocenza. Il caso, alla fine, fu archiviato. Ma una cosa, per la famiglia di Cristina, è sempre stata certa: non si è scavato abbastanza per trovare delle risposte ai tanti interrogativi rimasti aperti sulla vicenda.
Con la riapertura del caso Bolognesi i destini delle due giovani potrebbero ora ricongiungersi. Benché avessero frequentato la stessa scuola, Ragioneria, sembra che le due non si conoscessero; secondo Il Resto del Carlino, però, si parlerebbe a Cesena di alcune telefonate anonime fatte alle persone vicine alla famiglia di Cristina. In particolare, una chiamata arrivata nel ’92 al parroco di Ronta, che vent’anni dopo, nel 2012, avrebbe raccontato il contenuto della conversazione avuta con un uomo non identificato: “Disse che di lì a poco avrebbero trovato Chiara nel Savio e Cristina nel Tevere, a Roma, vicino a un convento di frati cappuccini dove abitavano due religiosi che quando Cristina scomparve erano a Cesena”.
Perché aspettare tanto? Il prete raccontò di non aver dato tanto peso alla faccenda; sta di fatto, che il ritrovamento di Chiara avvenne proprio allo stesso modo, mentre nel Tevere non è mai stato cercato nulla. Nel 2012, comunque, gli inquirenti riuscirono finalmente a perquisire il convento dei frati cappuccini – fino ad allora rimasto blindato -, ma non si fecero passi in avanti. Ora la nuova speranza: che si possa far luce su quanto accaduto a Chiara e Cristina, anche dopo tanti anni.