Le scintille tra Turchia e Svezia vanno avanti con la prima decisa a portare avanti il suo nein all’ingresso nella NATO da parte di Stoccolma. I rapporti tra i due paesi sono incrinati da un pezzo e la presidenziali di Turchia di maggio rischiano di essere per Erdogan una molla per reiterare il suo pugno duro: mostrarsi forte e risoluto in vista della campagna elettorale. Una questione elettorale ma anche geopolitica: se i rapporti con la Finlandia sono in ripresa, con Helsinki che ha addirittura ripreso l’export di armamenti verso Ankara, lo stesso non può dirsi per Stoccolma. La Turchia, infine, vorrà dimostrare di essere in grado di imporre le sue posizioni in “terra” americana. Nella Nato. Insomma, uno shangai di questioni che rischia di mettere in difficoltà i desiderata della Svezia. Il rogo del Corano avvenuto dinanzi l’ambasciata turca a Stoccolma lo scorso 21 dicembre poi, potrebbe essere stato l’ultimo tassello di un inasprimento dei rapporti.
No della Turchia a Svezia nella NATO: ci sono spiragli?
Ma la Turchia – scrive l’AGI – potrebbe aprire una porta: Ankara attenderà sei mesi per dare il tempo alla Svezia di cambiare le leggi antiterrorismo e dopo, solamente dopo, potrebbe togliere il veto all’ingresso nella Nato. L’apertura è arrivata dal portavoce e consigliere della presidenza Ibrahim Kalin, una delle voci più vicine al presidente Recep Tayyip Erdogan che ha affermato una versione che possiamo riassumere così: agli eventuali passi in avanti da parte di Stoccolma corrisponderanno risposte positive da parte di Ankara. Le parole di Kalin:
Siamo sempre stati a favore dell’allargamento Nato. La Svezia ha recentemente approvato delle modifiche della costituzione e c’è bisogno di attendere giugno perché entrino in vigore. Le autorità svedesi ci hanno detto che le nuove leggi soddisfano gli impegni presi, noi in base a questo valuteremo e decideremo. Passi in avanti da parte della Svezia riceveranno le nostre reazioni positive senz’altro.
Impossibile per la Turchia ignorare quanto accaduto, non a caso il dialogo tra delegazioni è stato rinviato a data da definirsi, ma allo stesso tempo le conseguenze dell’azione di Paluden sembra che verranno contenute nel breve termine. Lo conferma il fatto che la procura generale di Ankara ha aperto un’indagine a carico di Paluden. Ma allo stesso tempo, il governo turco, sembra aver scelto di distinguere tra l’azione del leader di estrema destra Rasmus Paluden e i rapporti con il governo svedese. La Finlandia, intanto, mette in chiaro le cose dicendo che il loro ingresso nella NATO è vincolato a quello della Svezia. Helsinki vuole portare con sé quello che è il suo principale partner.
L’affondo americano e le motivazioni tuche
Tra i motivi della linea turca, come detto, c’è anche la volontà di imporsi agli occhi degli Usa. Ankara, infatti, spinge per ottenere da Washington una la fornitura dei jet da guerra F-16. Ma il Senatore americano Chris Van Hollen, che ha definito Ankara “alleato infedele” e ha dichiarato che non se ne parlerà nemmeno almeno fino a quando non ritirerà il veto sulla Svezia. Le parole: “Dovremmo lavorare in coordinamento con i partner europei e considerare sanzioni da comminare a Erdogan che continua a bloccare l’ingresso della Nato di Svezia e Finlandia”.
La Turchia ovviamente, come sottolineato più volte dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, non ha nessuna intenzione di legare l’allargamento Nato agli F-16. La interpreta come una forma di ricatto, una formula di scambio. Le parole di Von Hollen, sostiene Ankara, non tengono inoltre conto del memorandum firmato dalle autorità svedesi con la Turchia lo scorso giugno durante il vertice di Madrid. I due Paesi aspiranti membri Nato, per convincere la Turchia a togliere il veto all’allargamento si erano impegnati ad abolire l’embargo per la vendita di componenti militari, vietare manifestazioni e raccolte fondi a sostegno del Pkk ed estradare in Turchia dei terroristi di cui Ankara chiede la consegna. Passi che la Finlandia sta compiendo e la Svezia no.