Precari Repubblica, la storia di un giornalista che per dieci anni ha collaborato con il quotidiano del Gruppo Gedi. Si chiama Massimiliano Salvo, sulle pagine del giornale ha scritto praticamente tutti i giorni, firmando 400 articoli all’anno. Allo scadere del decimo anno di collaborazione, ha chiesto di essere assunto come dipendente: la risposta di Repubblica è stata un ben servito.
Precari Repubblica, Salvo: “Il ben servito dopo dieci anni di collaborazione”
Massimiliano Salvo ha raccontato la sua esperienza nella trasmissione “Italia città aperta”, condotta da Roberta Feliziani su Cusano Italia Tv:
“La motivazione ufficiale della fine della collaborazione con Repubblica non c’è stata, il contratto è scaduto. Questo è accaduto il 7 dicembre del 2021, e il contratto non è stato più rinnovato. Era iniziata un’azione politico-sindacale. In tutta Italia c’è chiaramente un precariato che è diventato endemico. Ci sono redazioni che poggiano su lavoro precario. Nell’arco dei 10 anni io ho sempre lavorato costantemente.
Non c’è una lotta nei confronti dei giornalisti, né contro i miei capi. Il problema c’è stato con l’azienda, per come si è comportata. Siamo su posizioni diverse, per loro è stato legittimo. Ad avviso mio e del sindacato, no. Per questo mi sono rivolto ad un giudice. Io mi fermo al 31 dicembre del 2021, dopo ci pensa il tribunale. Io ho chiesto di essere assunto, il contratto mi è poi scaduto. Dopo di me hanno continuato ad assumere. L’episodio che mi riguarda era all’interno di una sfida politico-sindacale. Noi abbiamo la convinzione di essere nel giusto. Se una persona ha un contratto vero, se fa causa ha delle tutele. Se uno non ce l’ha, ben si guarda di fare causa.
L’obiettivo è stato di cercare di esportare questo coordinamento di precari, per spiegare come riuscire a crearlo. È qualcosa che interessa molte testate, seppur sia difficile perché i giornalisti sono spesso sotto ricatto. Io di anni ne ho 36 e sono stati 10 anni di precariato, con tutti i problemi che ne sono derivati. Dopo più di 10 anni di lavoro una persona è adulta, per questo ho deciso di prendere questa strada. Può essere difficile riuscire a demolire tutto e ricominciare, non tutti riescono ad abbandonare un lavoro che è insoddisfacente. Questa è la storia delle nostre generazione”.
Motta (segr. gen. FNSI): “Grandi editori sfruttano i braccianti dell’informazione”
Nel corso della stessa puntata di “Italia città aperta”, è intervenuto anche Mattia Motta, segretario generale aggiunto FNSI e presidente Commissione Nazionale Lavoro Autonomo, che ha commentato così la situazione di Salvo e dei giornalisti che vengono utilizzati come lavoratori subordinati pur avendo dei contratti da autonomi:
“Noi in questi anni abbiamo cercato di stimolare coordinamenti tra giornalisti. Le partite iva, i freelance hanno sempre fatto parte del comparto editoriale ma il freelance anni fa guadagnava bene. Oggi invece i giornalisti non indipendenti fanno lavori da subordinati. Non esiste in Italia un minimo piano per i pagamenti. Abbiamo un lavoro povero, e non lo dice solo FNSI ma lo dice anche l’Unione Europea, uno dei problemi che vedono è che la dorsale dell’informazione va avanti con stipendi da cani. Abbiamo colleghi che fanno cronache dai confini, dai tribunali. Noi abbiamo chiesto come clan FNSI alla Farnesina e al governo. La maggioranza dei colleghi in Ucraina è freelance, e vanno lì a loro spese. Ci sono freelance professionisti che se perdono i mezzi per lavorare è un problema, idem per l’assicurazione. Abbiamo proposto di farne una.
Oggi abbiamo un online che si basa se va bene con un giornalista strutturato e poi tutta una serie di colleghi che sono pagati anche 5 euro al prezzo, li ho visti nei quotidiani nazionali. C’è da dire che gli editori non hanno messo in campo altro. L’equo compenso per i giornalisti è stato votato nel 2012, stiamo ancora aspettando la sua attuazione. Vogliono che giornalista non marchi la differenza tra sé e microfono. Abbiamo fatto degli scioperi. Abbiamo coniato il termine “bracciante dell’informazione”.
Motta sul caso di Massimiliano Salvo: “Tutti i colleghi che fanno causa, dal giorno dopo vengono lasciati a casa”
Mattia Motta ha parlato anche del caso di Massimiliano Salvo e della situazione di Repubblica:
“La Repubblica è in crisi, tant’è che hanno aperto procedure. La Repubblica naviga in brutte acque. L’Italia è riuscita nell’impresa di distruggere la filiera. Oggi la carta costa più dei dipendenti. Sarei contento di dire che il caso di Massimiliano sia anomalo, ma rappresenta la fotografia della loro situazione. Tutti i colleghi che fanno causa, dal giorno dopo vengono lasciati a casa. Lo Stato ha dato migliaia di euro per accompagnare giornalisti alla porta perché gli editori hanno chiesto prepensionamenti. Esempi come quelli di Salvo sono comuni nelle redazioni. Io incontro partite iva che fanno 12 fatture all’anno allo stesso committente. La conseguenza di tutto questo è che noi non possiamo essere notai di un declino, il nostro sta diventando un mestiere per ricchi, l’informazione deve essere un mestiere aperto. Oggi molti giornalisti sono figli di papà. È importante far passare il messaggio che riguarda il diritto dei cittadini: quello di essere informati da giornalisti liberi e indipendenti”.