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La Stele di Vicchio è stata esposta per la prima volta a Milano

Documento tra i più importanti per la conoscenza della lingua etrusca. Sarà esposta sino al 16 luglio a Palazzo Rovati a Milano. E’ uno dei documenti archeologici più importanti della misteriosa storia etrusca, della quale ad oggi sappiamo pochissimo. Si tratta della Stele di Vicchio, uno dei più importanti reperti archeologici di epoca etrusca giunti sino a noi, scoperta nel 2015 presso il santuario di Poggio Colla presso Vicchio, in provincia di Firenze, nel Mugello.

L’incisione costituisce uno dei tre testi religiosi etruschi più ampi finora ritrovati, insieme al Liber linteus della mummia di Zagabria e alla tegola di Capua. La stele resterà esposta fino al 16 luglio alla Fondazione “Luigi Rovati”, in corso Venezia 52 a Milano, nel palazzo neoclassico che ospita una delle più importanti collezioni etrusche in Italia, come il “Guerriero Cernuschi”. Il prezioso reperto è stato presentato da Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia per Firenze, Pistoia e Prato, dal docente di Archeologia presso il dipartimento di studi classici di The Open University, Phil Perkins, e da Giulio Paolucci, conservatore della collezione della Fondazione Luigi Rovati”. L’esposizione, curata da Gregory Warden e Giulio Paolucci, si avvale della collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato e della Mugello Valley Archaeological Project.

La Stele di Vicchio, uno dei documenti più importanti della lingua etrusca

Putroppo la civiltà etrusca non ha ancora trovato ancora la sua “stele di Rosetta” e la sua lingua resta ancora un grande mistero: il testo sulla lingua e la storia etrusche composto dal coltissimo imperatore romano Claudio è purtroppo andato perduto. Ma la stele trovata nel Mugello ha delle peculiarità che la rendono unica: innanzitutto è il testo più lungo ritrovato su pietra: infatti la stele, in pietra arenaria, è alta 126 centimetri, con una parte superiore ben rifinita e recante diverse iscrizioni. La stele sembra essere stata iscritta quattro volte, due sui bordi e due su una faccia e il testo più lungo, forse il più antico, copre i bordi smussati in linee alternate. Poi non è un testo funerario, come quasi tutti i testi etruschi che ci sono pervenuti, ma probabilmente un testo religioso: infatti si trova il nome di Tinia, lo Zeus etrusco. Un passo in avanti per la comprensione di questa misteriosa civiltà alla quale i Romani devono molto.

Sono stati avviati anche progetti di digitalizzazione della stele, data la sua incredibile importanza, e per dare ai visitatori l’opportunità di vivere un’esperienza immersiva che possa mostrarne meglio l’importanza.

Eugenia Tinghi

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