La NASA sta studiando un nuovo piano per tornare sulla Luna e poi fare rotta verso Marte con un razzo nucleare. Per entrambe le destinazioni servirà tanta energia per spedire uomini, mezzi, rifornimenti e strutture abitabili.
La potenza in teoria già c’è, ma se ne può sfruttare molta di più usando la fissione per spingere i razzi verso la meta, anche per missioni umane: ne sono convinti la Nasa e la Darpa (Defense advanced Research projects agency), che hanno annunciato una collaborazione per lo sviluppo di un prototipo di propulsione termico nucleare nello Spazio, ovvero un razzo che sfrutta il calore generato dalla fissione.
Il progetto si chiama Draco (Demonstration rocket for agile cislunar operations), e secondo quanto riporta la Nasa, potrebbe essere testato già nel 2027.
I razzi, meccanicamente, funzionano tutti allo stesso modo: dopo la combustione, il gas viene espulso verso il basso attraverso ugelli e questo genera la spinta verso l’alto, è il principio di azione e reazione. Anche un motore termonucleare funziona così, solo che il calore è generato dalla fissione nucleare.
Secondo la Nasa, il motore termonucleare sarà “almeno 3 volte più efficiente rispetto alla propulsione chimica tradizionale” e ciò significa una riduzione dei tempi e dei costi.
“Il programma di propulsione termonucleare Draco sarà essenziale per il trasporto più efficiente e rapido dei materiali sulla Luna e delle persone su Marte” ha dichiarato Stefanie Tompkins, direttrice della Darpa.
“Con l’aiuto di questa nuova tecnologia, gli astronauti potrebbero viaggiare verso e dallo Spazio profondo più velocemente che mai”, ha sottolineato il direttore della Nasa, Bill Nelson.
NASA razzo nucleare per Marte: sul pianeta in 45 giorni
L’Agenzia spaziale Americana non si sbilancia sul tempo che ci vorrà per raggiungere Marte. Il viaggio di andata per ora potrebbe durare tra i 6 e i 9 mesi e la finestra di lancio si apre solamente ogni 26 mesi, perché bisogna attendere che la Terra e il Pianeta Rosso siano alla minima distanza l’uno dall’altra. Un motore così tanto più efficiente sarebbe una vera rivoluzione.
C’è un altro progetto per un razzo che sfrutta sia il nucleare termico sia il nucleare elettrico ed è inserito nel programma Innovative Advanced Concepts (NIA) della Nasa da Ryan Gosse della University of Florida, Gainesville, e promette di arrivare su Marte in appena 45 giorni.
Al momento si parla di prototipi di motori che non hanno mai volato. Nonostante la propulsione termonucleare sia oggetto di studio e di sperimentazione fin dagli anni ‘50, da quando cioè l’uomo ha iniziato a fare uso del nucleare anche per scopi civili, comunque un’eredità dello studio per applicazioni militari.
La soluzione della fissione nucleare
La fissione nucleare è una soluzione anche per produrre energia sulla superficie di altri pianeti a cominciare dalla Luna.
Il programma Artemis prevede di sbarcare al Polo Sud, dove ci sono condizioni particolari i margini di crateri come lo Shackleton hanno il vantaggio di essere toccati praticamente sempre dalla luce solare, da sfruttare con pannelli, proprio accanto a depressioni sempre in ombra.
Negli altri luoghi, però, il giorno lunare dura due settimane e poi ci sono due settimane di buio. La Nasa perciò sta valutando da tempo proprio l’utilizzo di mini centrali nucleari, piccoli impianti di fissione cui collegare gli insediamenti lunari e marziani.
A Giugno 2022 l’Agenzia spaziale USA ha annunciato la firma di 3 contratti per altrettanti progetti di sviluppo di prototipi da testare sulla Luna “entro la fine del decennio”, una fase che vedrà procedere in parallelo quindi la fissione per propulsione e quella per l’approvvigionamento energetico.
Comunque, l’energia atomica è già usata nelle missioni spaziali, anche se in maniera molto meno sviluppata rispetto al processo di fissione: i rover Curiosity e Perseverance ad esempio hanno un cuore al plutonio.
Il calore del decadimento del nucleo dell’elemento radioattivo, oltre a scaldare i circuiti nel gelo marziano, viene trasformato in elettricità da un generatore termoelettrico a radioisotopi. Questo sistema, attualmente, tiene accese anche le sonde Voyager 1 e 2 (decollate 45 anni fa che ancora trasmettono dati dai confini del Sistema Solare e New Horizons, che ha mostrato per la prima volta da vicino Plutone.