Una piccola eredità quanto pesa per i fruitori del Reddito di cittadinanza? Non dichiarare l’eredità della nonna, quali effetti per i percettori del RdC? Quando pochi spiccioli di eredità rappresentano un problema?
Ricevere un’eredità anche piccola che sia, dovrebbe essere fonte di gioia, purtroppo, in alcune circostanze i risvolti sono tutt’altro che positivi. I percettori del Reddito di cittadinanza devono portare alla luce ogni singolo spicciolo ricavato dall’eredità, nulla può finire sotto il tappeto.
Attenzione, gli effetti dell’essere “truffaldini” sfociano in sanzioni penali, oltre che alla perdita istantanea del beneficio economico e alla restituzione delle somme percepite indebitamente.
Eredità e RdC: i soldi ereditati fanno reddito?
All’apparenza nascondere l’eredità potrebbe sembrare (quasi) un atteggiamento normale, la classica faccenda da tenere ben serrata, lontano dagli occhi di parenti e amici.
Tuttavia, questo non è un discorso valido per il Fisco, specie, se chi riceve il diritto all’eredità è un fruitore del Reddito di cittadinanza.
In tema giuridico troviamo tante sentenze di condanna contro i truffaldini del RdC, quindi anche per superare ogni possibile pensiero non stupisce più di tanto sapere dell’ennesimo episodio di condanna.
Tuttavia, la questione portata alla luce dal Tribunale di Pordenone, ha dei caratteri diversi, si parla sempre di una condanna penale per i percettori del sussidio, ma la circostanza è diversa dalle più conosciute.
Una signora titolare dell’ammortizzatore sociale ha scelta di mettere alla prova (si fa per dire) il fisco, omettendo di dichiarare l’eredità percepita. La donna doveva provvedere a rettificare la situazione patrimoniale nei termini disposti dalla legge.
Non provvedendo ad aggiornare il quadro della propria situazione patrimoniale, ha perso il sussidio, decadendo dal beneficio, non solo. È stata condannata penalmente. Alla base è stata intaccata la responsabilità del fruitore del RdC.
Per questo motivo, il giudice del Tribunale ha emesso una condanna per omessa dichiarazione reddituale, condannando la donna a una pena detentiva di 8 mesi e alla restituzione delle somme percepite indebitamente.
La difesa della donna è stata orientata sulla non consapevolezza dell’ammontare dell’eredità all’atto della richiesta di ammissione al RdC, avvenuto prima del decesso del titolare dei beni patrimoniali.
Il giudice non ha tenuto conto del ricorso della signora, provvedendo a emettere sentenza di condanna penale, sulla base dell’omessa variazione delle condizioni patrimoniale, che avrebbero produrre la perdita del beneficio economico.
Denuncia variazioni patrimoniali RdC per eredità: quando e come
I fruitori dell’ammortizzatore sociale sono tenuti a comunicare ogni variazione della propria condizione patrimoniale. Attenzione, non si tratta di una scelta, ma di un obbligo di legge.
La norma, impone che il fruitore del RdC provveda a comunicare la variazione reddituale all’Ente nazionale di previdenza sociale, entro un massimo di 30 giorni. Dunque, si tratta di mettersi in regola in un periodo transitorio di un mese, con decorrenza dalla data di assunzione.
Nello stesso identico modo, se il percettore avvia un’attività lavorativa autonoma, dispone sempre di un mese per comunicare le variazioni lavorative.
Per le variazioni patrimoniali immobiliari che possono avvenire dopo il rilascio del beneficio, quindi in corso di fruizione del RdC, la comunicazione all’ENTE deve essere presentata entro un periodo massimo di 15 giorni.
Infine, le variazioni patrimoniali mobiliari devono essere comunicate entro il 31 gennaio dell’anno precedente.
Alla luce di queste considerazioni, emerge che la signora doveva comunicare le somme di denaro o valori percepiti in eredità, come variazione del patrimonio, entro un tempo massimo di 15 giorni.
In assenza di comunicazione delle condizioni reddituali o patrimoniale, e ancora variazioni su altre informazioni entro un tempo massimo di 15 giorni, si rischia la perdita del beneficio, quindi si decade dal diritto al Reddito di cittadinanza. Non solo.
Scatta una condanna penale da uno a tre anni, oltre alla restituzione delle somme percepite indebitamente.