Aumento salari docenti: dalla differenziazione del salario a seconda delle regioni al confronto con gli stipendi europei. La questione stipendi ai docenti non solo non è risolta, ma rischia di diventare un problema nel problema. L’Italia è già divisa, se approvassero la differenza salariale la disparità aumenterebbe. Ne abbiamo parlato ad Open Day con Manlio Lilli, docente e giornalista, intervenuto su Radio Cusano Campus. “Anche questa è diventata una forza di contesa tra due fazioni: chi sostiene che gli insegnanti guadagnino il giusto, considerando che lavorano poco e chi, invece, sostiene il contrario. Le bagarre non mi piacciono. C’è una forte differenza tra quello che si guadagna in Italia e quello che si guadagna all’estero: alla scuola media in media si guadagnano meno di 40mila euro, invece la media europea è al di sopra dei 45mila euro, ma c’è un vizio d’origine: i dati e i sistemi scolastici sono differenti.”

Aumento salari docenti, è il primo di altri problemi! A questo si aggiunge la perdita di autorevolezza del ruolo

Aumento salari docenti: è il primo di altri problemi, come la perdita di autorevolezza del ruolo. “Non ricordo governo o partito che non abbia parlato di scuola in campagna elettorale, e ad elezioni finite la scuola continua ad essere quello che è. Il sistema scolastico italiano prevede un numero di ore in classe, mediamente 18 ore, e poi c’è la realtà: un numero di ore nel quale si svolge un altro lavoro non quantificato. Nel sistema educativo della Danimarca o dell’Estonia c’è un numero di ore che comprende la lezione, e poi altre attività: ricevimento dei genitori, fino alle riunioni pomeridiane. Trovo non sia corretto da un punto di vista del metodo confrontare sistemi scolastici diversi. Il livello di burocrazia che esiste nella scuola italiana non esiste in nessun altro settore. Il governo parla di eliminare la burocrazia, eliminare altri fardelli, mina sempre il lavoro che viene svolto in classe. E’ una tendenza italiana che va peggiorando negli ultimi anni, spesso ci si trova costretti ad un lavoro il doppio rispetto a quello che si fa in classe – ha fatto notare il docente Manlio Lilli -sul fatto che gli stipendi degli insegnanti siano miseri è una storia che va avanti da decenni. La percezione che la società aveva dell’insegnante e aveva un ruolo riconosciuto, nonostante lo stipendio misero, è all’ordine della cronaca.

E sugli stipendi differenziati…

Il professor Lilli ha detto che “in un momento in cui le divisioni aumentano sarebbe un ulteriore occasione persa per unire il Paese, creare insegnanti di serie A e di serie B. Non è soltanto un problema sociale, ma una questione di rilevanza, di persone. Se così fosse ci sarebbe una maggiore corsa al Nord. Ci sono tanti insegnanti che dal Sud si spostano al Nord perché ci sono poche opportunità. Il dividere o fare in modo che gli stipendi delle persone al Nord possano diventare più importanti che a Sud sarebbe una misura sbagliata. Sparirebbe ulteriormente in Sud. La questione meridionale in Italia esiste. Un’ipotesi di questo tipo ritengo possa essere avanzata in maniera informale, ma che un ministro dica una cosa del genere è grave, a prescindere dagli stipendi e dalla qualità del lavoro. Dividere il Paese in un momento di grandi tensioni, come questo. Il nostro è un Paese in profonda crisi differenziare gli stipendi vuol dire acuire differenze esistenti, e credo sia sbagliato anche da un punto di vista sociale.”