“Ti prego non uccidermi”: sono queste le parole che uno dei rapinatori dell’assalto alla gioielleria di Grinzane Cavour, nell’aprile del 2021, avrebbe rivolto a Mario Roggero, l’orafo di 67 anni che, come ripreso dalle videocamere di sorveglianza dell’area, inseguì i malviventi, uccidendone due e ferendone uno, a colpi di pistola. Un dettaglio emerso dall’ultima udienza davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Asti, dove il commerciante è sotto processo per omicidio doloso plurimo, tentato omicidio e porto abusivo di arma.
Gioielliere Grinzane processo in corso: le novità sul caso
Ha fatto il giro del web, negli scorsi mesi, il filmato che ritrae Mario Roggero inseguire e sparare ad Andrea Spinelli, Giuseppe Mazzarino e Alessandro Modica, i tre rapinatori – di cui i primi due morti -, che avevano tentato una rapina alla sua gioielleria di Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo. I fatti risalgono al 28 aprile 2021; sono le immagini delle videocamere di sorveglianza dell’area a permettere agli inquirenti di ricostruire quanto accaduto: verso le 18.45 i tre arrivano a bordo di una Ford Fiesta bianca, parcheggiandola nei pressi della gioielleria. Poi entrano, con un cappello e una mascherina e, dopo essersi finti dei clienti, immobilizzano, legandole, la moglie e la figlia di Roggero, puntando una pistola giocattolo contro l’orafo e svuotando la cassaforte.
Pochi minuti, che si trasformano in tragedia: dopo essersi dileguati dal locale, i tre caricano il borsone pieno di gioielli in macchina ma, al momento di scappare, vengono raggiunti da Roggero, che spara loro con una pistola. Due muoiono, mentre Modica rimane ferito a terra, salvandosi (ora è in carcere per rapina). L’uomo torna nella gioielleria e chiama la polizia, ancora confuso: “Una rapina… ho sparato… ci sono due morti”. Nel processo che lo vede accusato di omicidio doloso plurimo, tentato omicidio e porto abusivo di arma, sono stati ora richiesti nei suoi confronti una perizia psichiatrica. La difesa sostiene infatti che l’uomo, che aveva già subìto una rapina violenta nel 2015, fosse parzialmente incapace di intendere e di volere.
Proprio ai consulenti psichiatrici incaricati di analizzare le sue condizioni psichiche Roggero avrebbe raccontato del dialogo avuto con uno dei rapinatori che, prima di morire, lo avrebbe supplicato di non ucciderlo. “Non volevo che la facessero franca, per questo motivo ho inseguito i rapinatori – avrebbe detto loro l’orafo, secondo quanto riportato in aula -. Quando uno di loro era a terra, mi ha supplicato di non ucciderlo e io l’ho lasciato andare”. Ma, già gravemente ferito dai colpi di pistola, il rapinatore sarebbe comunque morto, poco dopo. Secondo il perito del pm, benché non affetto da psicosi o malattie mentali, il gioielliere avrebbe agito spinto dalle forti condizioni di stress, uno stato emotivo intenso che avrebbe condizionato le sue decisioni.
Di diverso avviso la perizia delle parti civili, cioè delle famiglie dei due rapinatori morti, secondo cui l’uomo avrebbe agito per vendetta – capace di intendere e di volere – e non per legittima difesa. “Se uno sbaglia, per carità, va incontro a delle conseguenze, ma devono essere proporzionate – aveva detto in passato il fratello di una delle vittime, Giuseppe, di 58 anni -. La pistola era finta ed era fatta così male che una persona esperta di armi come il gioielliere non poteva non saperlo. Ha sparato un minuto o due dopo, quando i tre erano già usciti, perché sapeva che erano disarmati e non potevano rispondere al fuoco”. “Andrea ha sbagliato, ma avrebbe dovuto essere giudicato da chi di dovere e il signor Roggero non aveva questo diritto. Non si ruba, ma neppure si uccide”, era invece stato il commento della compagna della seconda vittima.
Vista la difformità di vedute tra le due perizie, la Corte d’Assise presieduta dal giudice Alberto Giannone si è riservata la decisione di conferire l’incarico per una nuova superperizia psichiatrica ad un perito super partes che possa stabilire definitivamente se il gioielliere di Grinzane Cavour fosse capace di intendere e di volere al momento della rapina, per poter giudicare il suo grado di colpevolezza.