Archiviata, dopo lo stop di Bruxelles, l’ipotesi della cancellazione d’obbligo del Pos per i pagamenti sotto i 60 euro e delle sanzioni per chi non accetta la moneta digitale, il Governo italiano è di nuovo al lavoro per rispettare quanto previsto dalla Legge di bilancio per il 2023 e risolvere il problema dei costi che gli esercenti pagano sulle transazioni. Al vaglio, per il momento, l’opzione di eliminare le commissioni per i micropagamenti.
Zero commissioni per i pagamenti con Pos sotto i 10 euro: l’ipotesi al vaglio del Governo
Come riporta Il Sole 24 Ore, alle transazioni digitali sono dedicati i commi 386 e 387 dell’articolo 1 della Manovra, approvata dal Parlamento alla fine dello scorso anno, che definiscono una scadenza ben precisa: entro 60 giorni dall’entrata in vigore, dunque entro il 1 marzo, il ministro dell’Economia dovrà adottare un decreto per istituire un tavolo permanente tra le categorie interessate (dall’Abi alle aziende che offrono servizi e prodotti per i pagamenti digitali) e il Governo, al fine di “valutare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche di valore fino a 30 euro a carico degli esercenti attività di impresa, arti o professioni che presentino ricavi e compensi relativi all’anno di imposta precedente di ammontare non superiore a 400.000 euro”.
Se il tavolo fallisse nella “definizione di un livello dei costi equo e trasparente”, entro il mese successivo scatterebbe la “punizione”, ossia un contributo straordinario da parte dei prestatori di servizi di pagamento e dei gestori di circuiti e schemi di pagamento pari al 50% degli utili, al netto degli oneri fiscali, derivanti dalle commissioni e da altri proventi per le transazioni inferiori a 30 euro o al diverso limite di valore eventualmente individuato. Questo contributo andrebbe ad alimentare un fondo taglia-costi per i commercianti e i professionisti. Al fine di trovare una soluzione, delle trattative tra il ministero guidato da Giorgetti e gli operatori interessati sono già state intavolate. Al vaglio del Governo, per il momento, ci sarebbe l’ipotesi di azzerare le commissioni per i micropagamenti, cioè i pagamenti sotto i 10 euro, e di ridurre in maniera flessibile quelli fino a 30 euro in via sperimentale, per un anno.
Mentre si aspetta di sapere quale sarà l’esito dei dibattiti, sono tante le società ad essersi già mosse in autonomia: Pagobancomat dal 2021 ha azzerato tutte le commissioni al di sotto dei 5 euro; Nexi ha attivato per il 2023 la promo “micropagamenti”, che prevede un rimborso a cadenza semestrale delle commissioni fino a 10 euro. Intesa Sanpaolo ha invece lanciato, lo scorso novembre, l’iniziativa CresciBusiness condivisa con le principali associazioni dell’artigianato, del commercio, del turismo e dei servizi: il piano, riservato alle imprese del gruppo con un fatturato non superiore ai 2,5 milioni e sempre della durata di un anno, include l’azzeramento per un anno delle commissioni sui micropagamenti tramite Pos in negozio fino a 15 euro e la gratuità per un anno del canone dei Pos e delle carte di credito commercial. Solo alcuni esempi di operatori che hanno cercato di proporre delle soluzioni, che però variano da caso a caso e potrebbero finire per confondere i clienti.
In arrivo anche il Bonus Pos: cos’è e a chi spetta
Potranno usufruire del Bonus Pos gli artigiani, i professionisti e i commercianti in possesso di una partita Iva che, nel 2022, non abbiano superato i 400mila euro di ricavi, a prescindere dal regime fiscale a cui sottostanno. Si tratta di un credito di imposta pensato per sostenere una parte dei costi sostenuti per le commissioni sulle transazioni via Pos, che assottigliano le entrate dei commercianti: in sostanza, ogni mese l’istituto che fornisce il Pos presenta ai propri clienti un documento in cui è indicato il totale delle commissioni pagate; sull’entità di tale cifra viene calcolato il Bonus, pari al 30% delle commissioni, che può essere usato in compensazione dei debiti fiscali a partire dal mese seguente a quello durante il quale è stata sostenuta la spesa (per esempio a marzo per la spesa di febbraio).