Cosa sono le foibe e perché il Governo italiano ha istituito una Giornata per ricordarle? La loro commemorazione, il 10 febbraio, è legata all’eccidio di cui furono vittime migliaia di italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale e dopo e cade, simbolicamente, nel giorno della firma dei trattati di pace di Parigi, che sancirono formalmente l’inizio della fine delle secolari ostilità tra le popolazioni italiane e slave per il controllo dei territori sul confine orientale.

Foibe cosa sono e perché si ricordano?

Si chiamano foibe le cavità naturali, profonde anche centinaia di metri, situate nella regione del Carso, tra il Friuli-Venezia Giulia e le odierne Slovenia e Croazia e il loro ricordo è drammaticamente legato alla secolare lotta per il predominio dell’area tra le popolazioni italiane e slave, che ebbe il suo epilogo nell’eccidio di migliaia di italiani da parte dei partigiani jugoslavi guidati da Tito, nel corso della Seconda Guerra Mondiale e dopo. Con la firma del patto di Londra, nell’aprile 1915 il Governo italiano si era impegnato ad entrare nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Triplice Intesa, composta da Russia, Francia e Gran Bretagna, contro l’Austria e la Germania; in cambio, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto – come di fatto poi avvenne – il Tirolo meridionale (attuali Trentino e Alto Adige), la Venezia Giulia, inclusi gli altopiani carsico-isontini, la penisola istriana, esclusa la città di Fiume e una parte della Dalmazia, terre di storico interesse per l’Italia e da sempre contese.

La situazione precipitò quando, con l’avvento dei nazisti al potere in Germania, la Jugoslavia fu invasa da Hitler, che decise di annettervi la Dalmazia. Con il ritorno di questi territori alla Jugoslavia, alla fine della guerra, ebbe inizio nei confronti di molti cittadini italiani – ritenuti colpevoli di collaborazionismo, ma anche di aver amministrato duramente l’area per anni, scagliandosi contro le popolazioni slovene e croate – una rappresaglia, fino a configurare quella che oggi gli storici descrivono come una vera e propria pulizia etnica: secondo una stima approssimativa, tra gli infoibati – gettati nelle foibe, a volte ancora vivi – e coloro che perirono all’interno dei campi di prigionia e di lavoro jugoslavi, furono fra le 4mila e le 5mila persone di nazionalità italiane ad essere uccise. Chi non morì, fuggì verso l’Italia: si stima che gli esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia siano stati almeno 250mila.

Il 10 febbraio è il Giorno del ricordo delle vittime delle foibe

Il dramma degli italiani finì con la firma del trattato di Parigi, il 10 febbraio 1947, che stabilì – considerando l’Italia come una Nazione sconfitta -, che le città di Fiume e Zara, la penisola istriana e la Dalmazia dovevano essere ammesse alla Jugoslavia. La città di Trieste, che durante la guerra era stata occupata dall’esercito filo-sovietico del generale Tito, e l’Istria furono suddivise in due zone, A e B, amministrate rispettivamente dagli Alleati e dagli jugoslavi e poi, con il memorandum di Londra del 1954, dall’esercito italiano e jugoslavo, condizione poi ribadita dal trattato di Osimo del 1975, con cui entrambe le parti assicuravano anche, nell’ambito del proprio diritto interno, il mantenimento del livello di protezione dei membri dei gruppi etnici rispettivi. Ecco perché la scelta di istituire una Giornata in memoria “delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale” proprio il 10 febbraio, data in cui, simbolicamente, cessarono le ostilità. Ogni anno, per l’occasione – a pochi giorni dal Giorno della memoria dedicato alle vittime dell’Olocausto – sono a decine gli eventi, le conferenze, i dibattiti che riflettono sul tema. Molte foibe sono state invece trasformate in monumenti nazionali; tra le più famose e visitate c’è quella di Basovizza, nel comune di Trieste.