Liliana Segre al Binario 21 è sicuramente l’immagine più forte della Giornata della Memoria. Un programma fortemente voluto su Rai 1 per raccontare con il servizio pubblico una testimonianza commovente e straziante di quanto accaduto il 30 gennaio 1944 quando 604 partirono dal binario alla volta di Auschwitz da cui tornarono soltanto in 22. Tra quelli c’era proprio la senatrice a vita, che ha accompagnato il pubblico in un luogo dell’anima più che fisico.
Liliana Segre al Binario 21 la confessione sull’incapacità di perdonare
“Per arrivare a non odiare quando si è perso tutto e quando sai come sono finite le persone che amavi, ci vuole un lungo percorso. Io non perdono, non son capace, ma sono riuscita negli anni a non odiare. Ho avuto tre figli, quando li allattavo non potevo odiare, una mamma non può odiare”, è forse il passaggio più intenso e significativo della visita di Liliana Segre al Binario 21 di Milano insieme a Fabio Fazio. La senatrice a vita con queste parole mette a nudo non solo se stessa, ma i sentimenti di tanti sopravvissuti all’Olocausto. Fabio Fazio con delicatezza di competenza la accompagna, fuori dal confort del suo studio di Che Tempo che Fa e mostra di essere ancora un giornalista in grado di andare sul campo. Insieme a loro anche il sindaco Sala, che concede l’Ambrogino d’Oro alla memoria di Alberto Segre padre della senatrice.
Liliana Segre ricorda quel viaggio da bambina, quel treno partito dal Binario 21: “Quando uno è un bambino e non ha nulla, a qualche cosa si deve attaccare. Io nelle prime notti ad Auschwitz notai questa stellina che mi sembrava speciale, la guardavo e dicevo: finché tu brilli anche io sarò viva. E per me quella stellina non si è mai spenta”, ha confessato ricordando come fatto già dal presidente Mattarella come la strage avvenne nella totale indifferenza degli altri “Arrivammo qui senza capire, eravamo spinti con una brutalità pazzesca in questa specie di antro, c’erano nazisti ma anche tanti italiani ufficiali repubblichini, ci sputavano. Siamo arrivati qui nel silenzio generale della città, nessuno si affacciò dalle finestre, era tarda mattina. Chiusi nei vagoni, non capivamo niente. Mi ricordo i pianti, gli urli”.
Il racconto con documenti, foto, la partecipazione di Favino e Cortellesi
Liliana Segre ricorda gli anni in carcere da bambina, la deportazione e lo fa con tante foto mostrate con i genitori e la sua famiglia ma soprattutto con le parole commosse a descrivere ogni situazione di quella strage subita. La trasmissione si è svolta anche con delle letture intense e partecipate di Paola Cortellesi e Pierfrancesco Favino, la partecipazione di Roberto Bolle e nel finale una toccante versione di Va’ pensiero eseguito dal Coro della Scala.