La curva relativa all’influenza mostrano un primo, timido segnale di discesa, secondo i dati diffusi oggi dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Nella scorsa settimana i casi di sindromi simil-influenzali sono stati 523mila, pari a 8,88 persone ogni mille abitanti (in calo rispetto ai 9,8 dei sette giorni precedenti). Ma l’andamento è diametralmente opposto a seconda della fascia d’età che si prende in considerazione: negli adulti è decremento è piuttosto significativo, mentre nella popolazione under-14 l’aumento è ancora consistente e probabilmente figlio della ripresa delle attività scolastiche.

Dati influenza Iss, tra i neonati pesa il virus sinciziale

Vediamo ora i dati Iss sull’influenza relativi alla settimana che sta per andare in archivio.

La fascia 15-64, che tradizionalmente identifica a livello demografico la popolazione adulta, ha un’incidenza di 8,17 casi (sempre su mille persone). Il valore scende 5,36 negli over-65 ma raddoppia nella fascia 5-14 anni (10,81 casi ogni mille abitanti) e si impenna nei più piccoli (25,21 casi). La ripresa dei contagi tra i più piccoli, secondo i pediatri, potrebbe essere riconducibile alla diffusione del virus respiratorio sinciziale, per il quale è stata rilevata un’intensa circolazione durante l’intera stagione invernale.

In senso assoluto, sono 8,6 milioni gli italiani bloccati a letto da febbre e tosse, un dato abbastanza vicino alle previsioni di qualche mese fa (pari a una soglia di 10 milioni), quando la variante australiana arrivò come una tempesta nelle nostre case. Scorrendo le differenze regionali, solo in Abruzzo si registra un’intensità delle sindromi simil-influenzali alta (16,1 casi). In Toscana, Campania, Marche e Sicilia, è invece classificata come media

Da un punto di vista qualitativo l’analisi condotta nei centri affiliati alla rete InfluNet dimostrano come quest’ultimo sia prevalente con il 17,3% del campione, seguito dal virus influenzale classico (12,4%), mentre risulta in calo la diffusione del coronavirus (5,7%).

Maruotti (Lumsa): “Covid endemico, ricoveri termometro più affidabile dell’incidenza”

Siamo ormai vicini a una fase di convivenza con il Covid ampiamente gestibile. Zero Covid? Praticamente impossibile

Antonello Maruotti, ordinario di Statistica dell’Università Lumsa

Come rimarcato anche dai dati statistici sul campionamento di InfluNet, il SarsCov2 sembra davvero scendere sempre più verso la soffitta. Di questi tempi, un anno fa la variante Omicron brulicava a suon di decine di migliaia di contagi, mentre oggi il covid rimane confinato anche dopo la ripresa delle attività post vacanze natalizie.

Una piccola curva che si è flessa nel giro di poche settimane, motivo per cui forse è il caso di rivedere le modalità di commento e interpretazione dei dati. Questo l’assunto da cui parte Antonello Maruotti, ordinario di Statistica dell’Università Lumsa co-fondatore dello StatGroup19, gruppo interaccademico di studi statistici sulla pandemia di Covid 19. Basandosi su esperienza e competente, il docente è convinto che l’incidenza non sia più un parametro affidabile come in passato, specialmente perché il tracciamento è ormai pratica sempre più in disuso.

A cosa affidarsi allora? “Ritengo più importante invece osservare la diminuzione degli accessi in terapia intensiva e nei reparti ordinari perché sono gli indicatori più robusti dell’endemia“. Così come altri colleghi, il futuro è incerto e imprevedibile, legato alla possibile circolazione di nuove variante in un mondo globalizzato. “Abbiamo notato che alcune ricombinazioni di varianti sono più infettive del loro ceppo originale ma al momento non ci sono varianti registrate che ci fanno temere una ripresa del Covid“.