Niente da fare per il capo di Uno Bianca, Fabio Savi, che oggi si è visto rigettare dal tribunale di Sorveglianza di Milano la sua richiesta di lavoro esterno al carcere. Una notizia che è stata accolta caldamente in particolare dalle vittime rimaste colpite, anche indirettamente, nei vari episodi che dal 1987 al 1994 videro protagonista l’organizzazione criminale divenuta poi famosa per l’associazione alla celebre auto di Fiat.

Il capo dei killer si trova in questo momento nel carcere di Bollate ma tramite i propri avvocati aveva fatto richiesta di poter uscire dalla struttura per svolgere attività lavorativa; a far propendere verso questa decisione presa dal collegio presieduto da Giovanna Di Rosa è stato senza dubbio il bilancio delle vittime di Savi (23 morti e oltre 100 feriti) insieme al percorso in carcere svolto finora dal capo di Uno Bianca.

A commentare la notizia ci ha pensato anche Eva Mikula, l’ex compagna di Savi, che ha mostrato tutta la propria gioia per la scelta del tribunale:

Non ho mai perso la fiducia nella giustizia italiana. Oggi è un grande giorno. Mi sento salva finché i fratelli Savi restano in carcere. Anche alla luce dei fatti sulla vicenda Uno Bianca, gli inquirenti hanno espresso una sentenza accuratamente motivata. La conclusione della digitalizzazione dei atti spero porterà alla luce una verità che manca ai familiari delle vittime e al pubblico italiano.

La sottolineatura della Mikula a proposito dei “fratelli” ricorda come in questo momento in carcere non si trovi solamente Fabio ma anche i suoi familiari ossia Roberto e Alberto: per il primo, finora, vale lo stesso trattamento del capo della banda che non prevede alcun permesso né beneficio particolare mentre Alberto rimane l’unico dei fratelli che da qualche tempo gode di permessi premio in Veneto.

Uno Bianca, il commento dei parenti delle vittime di Fabio Savi

Non solo Mikula, la notizia del rigetto da parte del tribunale di Sorveglianza di Milano ha reso felici anche i parenti delle vittime delle terribili azioni di Fabio Savi. In particolare, a ricordare l’importanza della decisione odierna ci ha pensato Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, il carabiniere che fu ucciso insieme ai colleghi Otello Stefanini e Andrea Moneta proprio dalla banda di Uno Bianca.

Nello specifico, Mitilini ha commentato:

La storia della Uno bianca è una vicenda ancora aperta per poter parlare di sconti di pena e permessi. Noi familiari delle vittime esprimiamo grande soddisfazione per la digitalizzazione degli atti. Ringraziamo la Regione Emilia-Romagna per la disponibilità economica e il procuratore Amato. Un obiettivo raggiunto grazie alla tenacia del presidente dell’associazione Rosanna Zecchi di cui condividiamo il pensiero quando afferma che ‘in ogni pagina di questa storia c’è qualcosa che non torna’, una vicenda che potrebbe aprire ulteriori scenari inquietanti.

Parole solenni a cui fanno seguito ulteriori dichiarazioni molto più piccate ma senza dubbio utili a ricordare la cattiveria della banda anche a distanza di ormai tanti anni. Continuando nel suo sfogo, infatti, Ludovico Mitilini ha dichiarato:

Non c’è perdono per gli uomini della banda della Uno bianca che agirono con una ferocia ai limiti dell’umana pietà, macchiandosi di delitti che terrorizzarono una precisa zona del nostro Paese e sui quali gli inquirenti stanno ancora indagando, così come affermato dal procuratore Amato in relazione a due esposti.