La pandemia da Covid-19 ha avuto un grosso impatto sulla salute mentale e sul benessere delle persone in tutto il mondo, con annesse preoccupazioni per un rilevante aumento del comportamento suicidario.
Nell’ultimo anno il 62% degli italiani ha visto peggiorare la propria salute mentale, il 21% ha riportato sintomi ansiosi e il rischio di depressione nei giovani è arrivato al 64%. Questi sono solo alcuni degli effetti che la pandemia e le restrizioni hanno causato in particolare sulle persone psicologicamente più fragili o più esposte alla crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria. La pandemia ha creato una crisi globale per la psiche, alimentando stress a breve e lungo termine e minando la salute mentale di milioni di persone.
Indagine Ipsos: “la salute mentale preoccupa più del cancro”
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale 2022, l’Ipsos ha svolto un’indagine condotta in 34 paesi tra cui l’Italia allo scopo di esaminare le opinioni dei cittadini riguardo la salute mentale. Gli argomenti trattati comprendono: il rapporto con il benessere mentale, il modo in cui si parla dei problemi di salute mentale e le percezioni in merito all’importanza del sistema sanitario del
proprio Paese.
Ecco alcuni dei risultati emersi:
Per la prima volta la salute mentale supera il cancro e diventa il secondo problema di salute percepito a livello internazionale, dopo il Covid-19.
- Il 55% degli italiani dichiara di pensare spesso al proprio benessere mentale, in aumento rispetto al 2021.
- L’80% degli italiani afferma che la salute mentale e fisica siano ugualmente importanti, ma è il 40% a percepire che il sistema sanitario le attribuisca la stessa importanza.
- Il 41% degli italiani sostiene che il sistema sanitario si concentri maggiormente sulla salute fisica, anche se soltanto per il 6% quest’ultima ha un’importanza superiore rispetto alla salute mentale.
In generale, i problemi di salute mentale sono avvertiti maggiormente dai più giovani, dalle donne e dalle famiglie a basso reddito.
Prima e dopo la pandemia
Ancora prima dell’emergenza sanitaria, il contesto della salute mentale in Europa non era dei migliori: nel 2019 si stimava che una persona su otto nel mondo convivesse con un disturbo mentale e le stime attribuiscono 165.000 morti all’anno per malattie della psiche o suicidio.
La salute mentale si posiziona al quinto posto tra le malattie non trasmissibili più comuni e al secondo tra le più invalidanti. Numeri che già prima della pandemia avrebbero dovuto attirare l’attenzione per promuovere azioni di prevenzione e contenimento. La pandemia ha creato poi una crisi mondiale per la salute mentale, alimentando lo stress e minando la salute mentale di milioni di persone.
Le stime calcolano un incremento sia dei disturbi d’ansia che di quelli depressivi di oltre il 25% durante il primo anno della pandemia.
Allo stesso tempo, i servizi di salute mentale sono stati gravemente interrotti e il divario terapeutico per le condizioni di salute mentale si è ampliato. In Europa, le patologie più diffuse sono l’ansia e la depressione, seguite da disturbo bipolare e dalla schizofrenia. Il suicidio è la sesta causa di morte nell’Unione europea nella popolazione di età inferiore ai 70 anni e la quarta al di sotto dei 20. L’Italia fortunatamente non è ai vertici di questa classifica: registra 5,9 casi ogni 100.000 abitanti.
WHO ha commentato e sintetizzato il documento in una press release mettendo in evidenzia che la pandemia di COVID-19 ha innescato un aumento del 25% della prevalenza di ansia e depressione in tutto il mondo.
Le fasce più colpite
L’intera popolazione, durante questi ultimi anni è stata scossa dall’incertezza, cioè “dall’elemento che scombina l’attività principale del cervello”. Ha dichiarato il presidente della Società italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf) e direttore del Dipartimento Neuroscienze e Salute mentale Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano Claudio Mencacci. Secondo lui, “poiché siamo animali sociali, abitudinari e programmati come specie a dare risposte molto capaci in emergenza, l’adattamento a questa situazione, prolungato a tempo indefinito, provoca uno svuotamento emotivo“.
La pandemia ha fatto insorgere sintomi di instabilità psicologica anche e soprattutto in chi non aveva mai avuto episodi, ha aggravato situazioni già esistenti, ha reso più difficile l’accesso ai servizi di supporto psichiatrico o psicologico e, ha fatto sì che la popolazione fosse meno propensa a usufruirne.
Gaia Acerbis