Aumenti stipendi Pa, ecco di quanto è l’una tantum 2023 e quali buste paga penalizza dal confronto tra i redditi percepiti dai dipendenti del pubblico impiego. Per l’anno in corso, la legge di Bilancio 2023 ha stabilito aumenti straordinari degli stipendi della Pubblica amministrazione nella misura dell’1,5% della retribuzione normalmente percepita. L’aumento delle busta paga serve dunque, in via eccezionale, a sostituire i fondi che il governo avrebbe dovuto stanziare per il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione per il triennio 2022-2024. Risorse che pertanto non ci sono per quest’anno e che verranno stanziate nella prossima Manovra di governo. Per questo motivo, l’aumento degli stipendi varrà solo per le 13 mensilità del 2023, mentre non sarà replicato per le buste paghe a partire dal 1° gennaio 2024. Tuttavia, dalla percentuale fissa una tantum, alcuni redditi sono più avvantaggiati rispetto ad altri che, al contrario, ne escono penalizzati. Si tratta, per questi ultimi, delle fasce retributive più basse della Pubblica amministrazione.
Aumenti stipendi Pa, di quanto è l’una tantum 2023 per le 13 mensilità: si parte dai 23,17 euro
Più alto è lo stipendio dei dipendenti del pubblico impiego e, di conseguenza, più alta è l’indennità una tantum per il 2023 dell’1,5%. La caratteristica regressiva di questo aumento era già nota nel momento in cui è stata istituita la percentuale fissa per gli stipendi di quest’anno. Per fare qualche esempio, i segretari generali, i dirigenti di prima fascia e i capi di dipartimento prenderanno un aumento triplo in busta paga rispetto a quello riconosciuto ai dipendenti pubblici delle fasce più basse. Infatti, per i primi si prospettano aumenti mensili pari a 66,80 euro applicando l’1,5% al proprio stipendio e da moltiplicare per le 13 mensilità, arrivando a un totale di aumenti retributivi pari a 868,40 euro. Chi occupa le posizioni più basse della gerarchia amministrativa, invece, dovrà attendersi aumenti nel cedolino mensile di 23,17 euro che, per tutto l’anno e per 13 mensilità, arriverà a 301,21 euro. Gli importi sono stati diffusi nella giornata del 25 gennaio dalla Ragioneria generale dello Stato. Inoltre, se la differenza è ampia tra i dirigenti e i dipendenti, arrivando fino al doppio di aumenti degli stipendi, per buona parte di tutte le altre categorie le differenze degli aumenti retributivi risultano di qualche euro. Partendo dal gradino più basso, quello degli aumenti mensili di 23,17 euro, l’1,5% corrisponde ad aumenti fino a 35 euro al mese per tutti i dipendenti fino alla terza fascia della terza area, ovvero fino a undici gradini più in alto rispetto al livello minimo delle retribuzioni.
Quali buste paga sono penalizzate?
Per trovare qualche aumento più consistente degli stipendi per il 2023 bisogna consultare le retribuzioni degli ispettori generali e dei direttori di divisioni. Si tratta di figure da funzionario appena al di sotto dei dirigenti che, grazie all’incremento dell’1,5%, vedranno i loro stipendi crescere di circa 40 euro nelle tredici mensilità di quest’anno. Si può comunque constatare che tutti gli aumenti non costituiranno un argine rispetto all’inflazione che si preannuncia alta anche per quest’anno. Del resto, la percentuale dell’1,5% risulta di gran lunga inferiore al tasso di inflazione registrato nel 2022, primo anno di ritardo nel rinnovo dei contratti del triennio. Per questa misura, la legge di Bilancio 2023 ha stanziato risorse per un miliardo di euro, ai quali vanno aggiunti i fondi di provenienza degli enti territoriali, dell’università e della sanità che dovranno provvedere, mediante i propri bilanci, a finanziare aumenti degli stipendi per 800 milioni di euro.