Vodafone rischia di dover pagare ad un utente italiano la cifra di 200 mila euro per avergli impedito la regolare procedura di migrazione ad un altro operatore telefonico.
Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Ivrea, in provincia di Torino e il contenzioso è aperto al Tribunale di Brindisi, che ha richiesto una consulenza tecnica d’ufficio in seguito alla quale saranno chiarite eventuali responsabilità da parte dell’azienda.
La notizia è stata diffusa nelle scorse ore da Filomeno Montesardi, Margaux Monteardi, Ivana Passaro e Rosalia Longo, ovvero gli avvocati dello studio legale Montesardi di Latiano, in provincia di Brindisi, al quale l’uomo si è rivolto per difendere i propri diritti.
In una nota ufficiale diffusa dallo studio legale si specifica infatti che se confermata si tratterebbe della somma di risarcimento massima finora registrata a favore di un utente in Italia.
“Si tratta del più alto risarcimento mai riconosciuto in Italia a favore di un consumatore ingiustamente privato di un proprio diritto da parte dell’operatore telefonico che per anni si è rifiutato di eseguire l’ordine del giudice di riattivare una linea telefonica illegittimamente interrotta”.
Ed è infatti proprio l’enorme somma individuata come risarcimento per il torto subito dalla compagnia di rete telefonica a dare notevole risalto alla notizia.
Vodafone rischia di dover pagare 200 mila euro a un utente: causa intentata oltre 12 anni fa
Secondo quanto riportato dallo studio legale Montesardi di Latiano, la vicenda risale al 2009 quando il cliente in questione aveva provveduto a saldare una fattura telefonica in ritardo. Da parte sua, l’azienda, che allora aveva la ragione sociale di Vodafone Omnitel, aveva mancato di fornire all’utente il codice di migrazione che oggi si trova facilmente sulla bolletta.
Al cliente, così facendo, sarebbe stato impedito di cambiare compagnia telefonica secondo le regole del libero mercato, mantenendo la propria utenza numerica.
Il contratto con Vodafone tempo dopo era stato bloccato e la compagnia aveva cessato i servizi, facendo così perdere l’utenza intestata allo stesso.
Non ottenendo mai quanto richiesto e necessitando di una linea di rete fissa, il cliente era perciò stato costretto ad aprire una nuova utenza cambiando però numero telefonico, con i disagi che questa operazione comporta.
L’uomo allora si era rivolto ad ufficio legale per cercare di chiarire la situazione e intentare causa per condotta irregolare della compagnia telefonica. Ne è nata una vera e propria battaglia legale con l’azione processuale che è andata avanti per anni con ricorsi messi in atto ma la partita non è ancora chiusa.
Indennizzo quantificato in 50 euro per ogni giorno di inadempienza
La prima sentenza deliberata dal giudice aveva imposto a Vodafone di comunicare il codice migratorio e se ciò non fosse avvenuto aveva disposto un’azione risarcitoria ai danni dell’utente quantificata in 20 euro per ogni giorno di disservizio e disagio recato all’utente.
Tuttavia, poiché il ritardo nel fornire il codice di migrazione ha superato il 31esimo giorno dall’accaduto, il giudice ha ritenuto di innalzare la quota spettante di indennizzo fino a 50 euro per ogni giorno di inadempienza.
Ecco dunque che l’utente non avendo mai ricevuto il codice di migrazione in questione e a lui spettante per legge potrebbe vedersi corrispondere una cifra superiore a 200 mila euro.
Vodafone non ha ritenuto corretto il giudizio di colpevolezza nella vicenda e per anni si è difesa con l’impossibilità tecnica nel fornire il codice richiesto. Il Tribunale di Brindisi ha richiesto una consulenza tecnica d’ufficio al fine di chiarire definitivamente la questione.
Il chiarimento di Vodafone sulla vicenda
Vodafone ha fatto sapere, attraverso il suo ufficio di comunicazione che in merito alla vicenda pende ancora un giudizio davanti al Tribunale di Brindisi che ha disposto a breve una consulenza tecnica d’ufficio grazie alla quale l’azienda confida di poter chiarire definitivamente la vicenda.
Manca dunque una sentenza definitiva e perciò la società telefonica potrebbe non dover pagare la penale quantificata dalla vecchia ordinanza del 2009.