Via libera unanime alla Camera per il disegno di legge sull’equo compenso a firma Meloni-Morrone. Il testo, approvato con 253 voti a favore, passerà ora al Senato per l’ok definitivo e la conseguente entrata in vigore. Il provvedimento ha l’obiettivo di rafforzare le tutele dei professionisti e impone ai cosiddetti “contraenti forti”, e cioè pubblica amministrazione (con alcune eccezioni), banche assicurazioni e imprese con più di 50 dipendenti o con un fatturato superiore a 10 milioni di euro, di “riconoscere un compenso che sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale e conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti dalla legge”, si legge nel testo.
Legge sull’equo compenso: cos’è, chi riguarda, quando è prevista l’entrata in vigore. Tutti i dettagli
La norma era già stata discussa nella precedente legislatura senza però concludere l’iter di approvazione a causa della caduta anticipata del governo. Il testo, approvato all’unanimità dalla commissione Giustizia, riproduce in linea di massima il contenuto di quello precedente e si compone di 13 articoli, intervenendo sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese con la finalità di rafforzare la tutela del professionista. Per essere considerato equo il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto. La norma “si riferisce alla retribuzione dei professionisti in relazione alle attività professionali che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale, trovano fondamento in convenzioni, sono svolte in favore di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonchè di imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. La norma si applica ad ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purchè vincolante per il professionista e le cui clausole siano utilizzate dalle imprese, oltre che alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e delle società partecipate dalla pubblica amministrazione. Secondo quanto riportato nel testo “sono considerate nulle le clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonchè le clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo ed eventualmente di condannare l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista”. Inoltre, continua, “sono nulle qualsiasi pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione; che impongano allo stesso l’anticipazione di spese; che, comunque, attribuiscano al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso”.
Ordini professionali e Osservatorio Nazionale sull’equo compenso
Spetterà agli ordini professionali adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso. Il giudice inoltre può condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista “pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito”. La norma consente inoltre la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso la class action, proposta dal consiglio nazionale dell’ordine (per le professioni ordinistiche) o dalle associazioni professionali (per le professioni non ordinistiche). Infine il testo prevede l’istituzione presso il ministero della Giustizia dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso con il compito, tra gli altri, “di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervengono sui criteri di determinazione dell’equo compenso o disciplinano le convenzioni”.