Avrebbe chiesto ai medici “cure speciali” contro il suo cancro, Matteo Messina Denaro, in cella da dieci giorni nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila Le Costarelle. Il boss di Cosa Nostra, che nella giornata di ieri ha rinunciato a comparire all’udienza preliminare di un processo in cui sono coinvolti padrini e gregari della mafia argentina – come aveva fatto per l’udienza sulle stragi del ’92 -, starebbe già seguendo la strategia del silenzio e non avrebbe ancora ricevuto visite, se non quelle dei medici, ma su una cosa tiene il punto: lui non è “quello descritto in tv”.
Matteo Messina Denaro news dal carcere: visite mediche e silenzio
Nei suoi primi dieci giorni di reclusione, Messina Denaro ha incontrato solo i medici che si stanno occupando delle sue cure. Essendo sottoposto a regime di 41 bis, il boss mafioso sarà infatti assistito, per il suo tumore al colon, direttamente all’interno della struttura carceraria. Qui, dove passa le giornate in solitudine (per tre anni dovrà scontare anche l’isolamento diurno e non potrà incontrare altri carcerati) – rinunciando a comparire davanti alle Corti -, avrebbe già chiesto al personale medico che lo segue di poter accedere alle cure farmaceutiche “che ci sono solo in Israele”, chiedendo di essere informato sulle caratteristiche dei farmaci che gli vengono somministrati e dei loro effetti collaterali. A parlarne è Lirio Abbate su Repubblica. Chi lo ha incontrato, lo ha descritto come “un uomo che ha paura di morire”.
Davanti agli agenti penitenziari mostra modi “gentili e garbati”. “Non creo problemi, ditemi cosa devo fare”, sono le poche parole che avrebbe rivolto loro in questi giorni, tenendo il punto solo su un dettaglio: lui, dice, “non è quello descritto in tv”. E aggiunge, indicando il Tg in onda sul televisore che ha tenuto spento per almeno sei giorni dopo l’arresto, che non ha “mai ucciso donne o bambini”. Una frase significativa nel contesto culturale di Cosa Nostra, visto che i padrini, da sempre, si vantano di lasciare fuori dalle loro guerre “i più deboli” e gli innocenti, ma che nel caso di Messina Denaro non regge, visto che il boss è già stato condannato in via definitiva per aver partecipato al rapimento e all’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo e di Antonella Bonomo, che quando fu uccisa era incinta.
Per il resto, il boss dei Corlonesi resta in silenzio e, per ora, non ha ricevuto visite, né dalla nipote Lorenza Guttadauro, che ha scelto come legale per la difesa e che si sarebbe limitata a telefonargli, né da altri parenti, tra cui la figlia Lorenza Alagna e sua madre Franca. Forse anche perché i tempi tecnici necessari non sono ancora passati. Avrebbe però ricevuto due telegrammi, che custodisce con cura e che continua a rileggere, seduto nella sua cella, mentre indossa ancora i vestiti datigli al momento dell’arrivo nel penitenziario. È in attesa di un pacco di abiti di ricambio dalla famiglia a Castelvetrano, dove il boss avrebbe passato l’ultimo periodo prima della latitanza e dove ieri, nel corso di alcune perquisizioni dei carabinieri di Trapani sono stati ritrovati, tra le altre cose, alcuni vecchi Ray Ban di sua appartenenza, inclusi quelli a goccia che indossava da giovane.
Gli inquirenti proseguono intanto le indagini: l’obiettivo è ricostruire la rete di fiancheggiatori che finora ha aiutato il boss a sfuggire alle forze dell’ordine. Risultano al momento indagati Giovanni Luppino e i due figli, Antonio e Vincenzo. Centrale il ruolo di Andrea Bonafede, che per almeno due anni ha prestato a Messina Denaro l’identità e ora accusato di associazione mafiosa. L’uomo avrebbe acquistato per l’ex latitante l’appartamento di vicolo San Vito e almeno due auto, intestate formalmente alla madre disabile. Ieri, nel corso dell’interrogatorio di garanzia tenutosi presso il carcere Pagliarelli di Palermo, si è avvalso della facoltà di non rispondere.