Pensioni dipendenti pubblici, è in arrivo possibilità di uscita a 70 anni su base volontaria. Lo prevede un emendamento presentato al decreto “Milleproroghe” che offre la possibilità, ai lavoratori della Pubblica amministrazione e della scuola, di prorogare il proprio lavoro di impiegati pubblici e di uscire più tardi rispetto alla pensione di vecchiaia. L’opportunità sarebbe su base volontaria e necessiterebbe del rispetto di specifici requisiti che sono inclusi nel testo dell’emendamento in discussione nei prossimi giorni. Ad oggi sono previste delle eccezioni per rimanere in servizio dopo i 67 anni di età, ma sono inerenti a specifiche categorie di lavoratori del pubblico impiego, come ad esempio i dirigenti della sanità. A tal proposito, si ricorda che l’attuale disciplina prevede l’obbligo per le Pubbliche amministrazioni, di collocare a riposo d’ufficio i dipendenti che abbiano raggiunto i 67 anni di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Inoltre, lo stesso obbligo vige nel caso dei dipendenti di 65 anni di età che abbiano maturato il diritto alla pensione anticipata, maturabile – a prescindere dall’età – in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini.

Pensioni dipendenti pubblici, in arrivo messa a riposo volontaria a 70 anni: di cosa si tratta?

Per le pensioni dei dipendenti statali si prevede la possibilità di un rinvio a 70 anni, su base volontaria, della collocazione a riposo. L’opzione, inclusa in un emendamento al decreto “Milleproroghe”, consentirebbe ai dipendenti del pubblico impiego di beneficiare di un’opzione da esercitare a 67 anni, età nella quale gli statali vengono messi a riposo e vanno in pensione di vecchiaia nel caso in cui non abbiano beneficiato in precedenza di misure di pensione anticipata. L’emendamento è stato presentato dal partito di maggioranza, Fratelli d’Italia. L’opzione di rimanere a lavoro per altri tre anni sarebbe possibile solo per i dipendenti del pubblico impiego che non abbiano maturato i 36 anni di contribuzione. Spetterebbe, in ogni modo, alla pubblica amministrazione di appartenenza, la decisione finale se accogliere o meno la richiesta del dipendente di restare a lavoro fino a 70 anni.

Nuovo scivolo pensionistico di sette anni in discussione

Il lavoro dei gruppi parlamentari sulle pensioni riguardano anche altri strumenti della normativa sulla previdenza. Sempre nel decreto “Milleproroghe” potrebbe trovare spazio un nuovo scivolo di sette anni. L’emendamento è a prima firma di Paola Mancini di Fratelli d’Italia, accompagnato da quello presentato da Antonio De Poli dell’Udc e da uno presentato dall’opposizione, a prima firma di Marco Lombardo di Azione/Italia dei Valori. Si tratterebbe di anticipare l’uscita dei lavoratori che si trovino a non più di sette anni dalla pensione (si parte dunque dai 60 anni di età) mediante l’accordo tra l’impresa e i sindacati. L’esodo verrebbe pagato per una parte dal datore di lavoro, mediante il versamento di una prestazione pari alla rata di pensione e dei contributi previdenziali all’Inps. Tuttavia, nell’emendamento di Lombardo si fa riferimento a scivoli accompagnati da nuove assunzioni con il vincolo del 50% delle nuove immissioni di persone al di sotto dei 40 anni di età.