Nel 2022, secondo i dati forniti dall’Istat, i prezzi al consumo sono cresciuti in media dell’8.1%; aumentando i divari economici tra la popolazione. L’inflazione, definita come l’aumento progressivo dei prezzi, determina una perdita di potere d’acquisto e quindi una diminuzione della quantità di beni che possono essere acquistati con una determinata quantità di denaro. Per molte famiglie, soprattutto quelle con modeste capacità finanziarie, il rischio di cadere nel baratro della povertà è un pericolo concreto.
Con l’aumento del tasso d’inflazione, dovuto principalmente all’andamento a rialzo dei prezzi dei beni energetici, che nel corso del 2022 hanno subito un +50.9% in media d’anno, a fronte del +14.1% registrato nel 2021, i bilanci famigliari hanno subito un’erosione tale da limitare la naturale tendenza delle famiglie italiane al risparmio. Una tendenza, purtroppo, confermata dai dati pubblicati sulla giacenza economica nei conti correnti italiani; per la prima volta in quattro anni i risparmi degli italiani sono diminuiti.
Secondo le stime del CODACONS, l’aumento generalizzato dei prezzi che le famiglie italiane hanno dovuto sostenere, a parità di consumi, è stato stimato per un valore di 2.369€ nel corso del 2022. Per ricordare uno scenario economicamente cosi arduo per le finanze famigliari, bisogna tornare indietro nel tempo al lontano, ma non troppo, 1985; anno in cui, con l’inflazione al 9.2%, l’economia italiana rallentava sotto il peso dell’incremento dei prezzi.
Inflazione e beni alimentari, il conto salato del carrello della spesa
Con un aumento medio stimato pari al 9.1%, dei prodotti destinati alla tavola, nel 2022 le famiglie italiane hanno speso 13 miliardi di euro in più per la spesa alimentare. A gravare maggiormente, sul budget destinato agli alimenti, sono proprio i beni di prima necessità che, anche riducendo l’acquisto, non possono di certo essere esclusi dal carrello della spesa.
La classifica degli aumenti nel 2022:
1° Pane, pasta e cereali: + 2,6 mld
2° Verdura: + 2,3 mld
3° Carne: + 2,2 mld
4° Latte, formaggi e uova: + 1,8 mld
5° Pesce: + 1 mld
6° Frutta: + 0,9 mld
7° Oli e grassi: + 0,8 mld
8° Bevande analcoliche: +0,8 mld
9° Zucchero, confetture, miele e cioccolato: +0,4 mld
10° Salse, sale, piatti pronti e alimenti per bambini: + 0,2 mld
Analizzando i dati, che si riferiscono alla classifica degli aumenti dei beni alimentari, si nota subito come in tutte e dieci le posizioni siano presenti categorie di alimenti fondamentali per garantire una corretta alimentazione. Ancor più drammatico è il dato attinente alle prime tre posizioni della classifica. Al primo posto, con un aumento di spesa pari a 2,6 miliardi di euro, si posizionano il pane e la pasta; quest’ultima considerata da sempre l’alimento per eccellenza nella tradizione culinaria italiana.
Al secondo posto, con un aumento di spesa pari a 2,3 miliardi di euro, la verdura, considerata essenziale per una corretta alimentazione; si conferma essere tra gli alimenti che maggiormente hanno gravato sul budget alimentare delle famiglie. Sul gradino più basso del podio, dei primi tre classificati, s’individua la carne. Con un aumento su base annua pari a 2,2 miliardi di euro, per gli italiani si dimostra essere il terzo alimento più costoso da portare in tavola.
Con un aumento di spesa pari a 1,8 miliardi di euro, non va di certo meglio per latte, uova e formaggi necessari sia per variare l’alimentazione, ma anche essenziali per realizzare in casa prodotti finiti come dolci, sfornati o manicaretti. Dai rincari, su base annua, non sono risparmiati pesce e frutta; rispettivamente al quinto posto, con un aumento stimato pari a un miliardo di euro, e al sesto posto, con 900 milioni di euro.
Tra acquisti ponderati e offerte, le strategie per il risparmio
Tra gli scaffali dei supermercati, il carrello della spesa diventa sempre più leggero, ma il conto sempre più salato. Per questo, molte famiglie sono costrette ad applicare vere e proprie strategie nel tentativo di calmierare il costo della spesa alimentare. Anche le abitudini di acquisto delle famiglie sono cambiate; da quantità superiore alle necessità, tipico degli anni passati, si adottano strategie di acquisto ponderato in funzione delle reali necessità limitando le scorte di alimenti presenti nelle dispense.
Da quanto emerge dall’analisi Coldiretti / Censis, relativa ai luoghi preferiti dagli italiani per gli acquisti alimentari, emerge che ben il 72% si reca nelle catene di Discount per arginare la spesa relativa ai beni alimentari. Considerato un campione di popolazione, ben l’83% acquista prodotti in offerta o in promozioni vantaggiose; inoltre, alcuni prodotti, anche se di uso quotidiano, non sono acquistati se non sono venduti con prezzi scontati.
Rincari lungo tutta la filiera
Gli aumenti dei prezzi, registrati tra gli scaffali alimentari, sono la conseguenza diretta dell’incremento dei costi lungo tutta la filiera alimentare.
- + 170% Costo dei concimi
- + 90% Costo dei mangimi zootecnici
- + 129% Costo del gasolio
- + 500% Spesa per bollette
- + 50% Vetro
- + 15% Tetrapack
- + 35% Etichette
- + 45% Cartone
- + 70% Plastica
Dalla produzione, con aziende agricole investite da una raffica di aumenti che molte volte rendono la fase di coltivazione e allevamento economicamente qui insostenibile, alla lavorazione e confezionamento con costi dell’energia e degli imballaggi notevolmente aumentati; l’intera filiera alimentare è duramente penalizzata dall’aumento dei prezzi, che si ripercuotono sulle tasche dei consumatori.
Per le aziende agro-alimentari, il +170% di rincaro dei costi sostenuti per l’acquisto dei concimi, necessari a rendere i campi fertili alle coltivazioni, e il +129% del costo del gasolio necessario per alimentare le macchine agricole impiegate nella lavorazione dei campi, sono spese che rendono i guadagni ormai quasi minimi. Per il 13% delle aziende agro-alimentari i costi sono ormai insostenibili; con bilanci stremati dai costi di produzione e dai bassi ricavi ottenuti dalla vendita, l’unica soluzione e la cessione dell’attività.
Il consistente aumento del gasolio, stimato a +129%, ha prodotto notevoli rincari anche per il trasporto su gomma delle merci. Anche la fase finale della lavorazione e imballaggio è investita dagli aumenti dei materiali necessari al confezionamento e per l’etichettatura. Con un +50% del costo del vetro, necessario per la conservazione e l’imbottigliamento di molti prodotti alimentari, il 70% d’aumento del prezzo della plastica, necessaria per la realizzazione di bottiglie e contenitori di varie dimensioni; i beni alimentari rincarano lungo tutto il processo di produzione e confezionamento.
Dalla pandemia alla guerra, l’onda lunga dell’inflazione
La globalizzazione ha permesso, per molti anni, di avere un mercato florido e favorevole ai flussi commerciali internazionali. Merci provenienti in tempi ridotti da ogni parte del mondo, lavorazioni svolte in realtà produttive con costi della manodopera notevolmente ridotti, permettevano di disporre sul mercato di beni materiali a prezzi concorrenziali.
Con la pandemia da Covid-19, la globalizzazione ha prodotto un circolo improduttivo d’incremento dei prezzi. Con le prime restrizioni, imposte da molti paesi, con l’obiettivo di contenere la diffusione del virus, sia i mercati internazionali ma anche i mercati interni di ogni nazione, hanno subito un rapido rallentamento. Molte merci, necessarie ai cicli di produzione dei beni hanno avuto tempi di consegna molto lunghi in quanto, nel passato, svariate aziende hanno preferito spostare la produzione al di fuori dei confini nazionali per abbattere i costi di produzione. Da subito è parso evidente come sia necessario, anche a fronte di costi notevolmente maggiori di produzione, avere delle filiere produttive e di trasformazione più radicate sul territorio nazionale.
Con l’instabilità geo-politica generata dal conflitto bellico tra Mosca e Kiev, e la rottura di lunghe e strategiche alleanze, in particolar modo nel settore energetico tra l’Occidente e la Russia, le tensioni sui mercati internazionali si sono presto manifestate con un rilevante aumento dell’inflazione.
Energia, il conto salato
Nel 2022 il costo dei beni energetici, stimato in media d’anno, ha subito un aumento pari al 50.9%. Tra la spesa per il combustibile per auto-trazione, il gas necessario al riscaldamento domestico e la spesa per l’energia elettrica, le famiglie italiane sono state investite da una raffica di rincari che contribuiscono a erodere le loro finanze.
Gas, il riscaldamento a caro prezzo
Il riscaldamento domestico, per le famiglie italiane, sta diventando un vero e proprio lusso. Dalle tariffe con costi più concorrenziali del libero mercato, alle strategie da adottare in casa per risparmiare, come ridurre di qualche grado la temperatura interna; le famiglie sono alla ricerca continua di strumenti utili a mitigare i costi energetici.
Nel 2022 le contrattazioni economiche del gas naturale, disciplinate sul mercato dell’energia di Amsterdam (TTF), hanno registrato vari record tutti ovviamente a scapito dei consumatori. Come conseguenza delle tensioni geo-politiche, scaturite dal conflitto militare tra Russia e Ucraina, la diminuzione dei flussi esportati da Mosca verso l’Europa, e la corsa, nei mesi estivi, degli stati europei all’acquisto di grandi quantità di gas per riempire gli stoccaggi in previsione dei mesi invernali, il prezzo del gas ha subito forti variazioni. Dai 65€ al metro cubo, nei primi mesi del 2022, il gas ha raggiunto il picco di 350€ al metro cubo lo scorso 26 agosto 2022. Le forti oscillazioni del prezzo hanno generato rincari, spesso insostenibili per le finanze domestiche.
Curiosità: il mercato dell’energia di Amsterdam
- Conosciuto anche con l’acronimo TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam, con sede in Olanda, è un mercato virtuale per le contrattazioni economiche del gas naturale.
- Istituito nel 2003
- Gestito da Gasunie, società olandese che amministra gran parte della rete del metano nei Paesi Bassi.
- Il TTF è uno snodo centrale e strategico per il mercato europeo del gas.
- Consente le contrattazioni e il trasferimento di gas naturale tra i paesi più grandi come: Italia, Gran Bretagna, Norvegia, Germania e Francia.
- L’indice borsistico è pubblicato quotidianamente dalla società ICIS Heren.
- Le quotazioni del gas sono espresse in €/MWh (euro al megawatt-ora).
Se nel 2022 il forte aumento del prezzo del gas ha contribuito notevolmente all’erosione dei bilanci domestici, per il 2023 le previsioni non sono di certo molto ottimistiche. Dalle prime stime disponibili, riferite al consumo medio di gas per una famiglia, è indicata una spesa pari a 2.800€; tenendo conto dell’iva al 5% prorogata dal governo.
Elettricità, una stangata per le famiglie:
Anche il conto della bolletta energetica dell’elettricità, rappresenta un vero e proprio stress-test per le finanze delle famiglie. Dal quarto trimestre del 2021, il costo medio di un kilowattora (KWh) di energia elettrica è aumentato in maniera consistente; raggiungendo la quota di 66 centesimi di euro (0.66€) nel quarto trimestre del 2022.
Considerando un consumo medio, stimato per una famiglia tipo di due adulti e due bambini, il costo da sostenere per l’energia elettrica varia da 802 euro di ottobre del 2021, a 1.782 euro secondo i rilevamenti dei prezzi di ottobre 2022. Nel 2022 l’inflazione ha penalizzato il 12.1% delle famiglie con reddito più basso; e il 7.2% di quelle con maggiore disponibilità finanziaria.
Analizzando i dati che si riferiscono alle spese sostenute nel 2022 dalle famiglie italiane, si ottiene che, le famiglie con reddito più basso hanno impiegato gran parte della loro disponibilità economica per saldare i conti energetici e per gli acquisti alimentari riducendo al minimo la spesa per i servizi. Per i nuclei famigliari con finanze più solide, la spesa vincolata agli acquisti alimentari e per il saldo delle spese energetiche ha eroso con minor entità la capacità di spesa sui servizi.
Pensioni, adeguamento all’inflazione
Per tentare di arginare la perdita di potere d’acquisto, in particolar modo per le classi sociali economicamente più svantaggiate, tra il 2023 e il 2024 saranno adottate misure finanziarie mirate all’adeguamento delle pensioni con opportune rivalutazioni; tenendo conto dei dati che si riferiscono all’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie. Nello specifico, l’adeguamento sarà gestito in due fasi. La prima che entrerà in vigore già dal 2023 permettendo una rivalutazione pari al 7.3% di tutte le pensioni con importo inferiore a quattro volte il minimo.
525,38€ Importo pensione minima al 2022
La seconda fase, che comprende l’adeguamento definitivo, sarà attuata dal 2024, permettendo di rivalutare le pensioni con percentuale variabile in funzione dell’importo percepito.
Gianni Truini