Farmaco tumore: ci siamo? La buona notizia arriva da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) che, sulle pagine della rivista Nature, annunciano di aver descritto un complesso proteico che gioca un ruolo chiave nel metabolismo cellulare, favorendo l’insorgenza e la crescita dei tumori. I ricercatori – spiegano – avrebbero ideato una strategia volta ad invertire la rotta del processo che porta all’insorgenza di un tumore.

La chiave del processo sta in due principali fattori: mTORC1, un complesso proteico noto da più di venti anni, e TFEB, descritta per la prima volta nel 2009 proprio dal direttore del Tigem quale responsabile dello smaltimento e riciclo delle sostanze in eccesso. L’equilibrio tra i due complessi proteici è fondamentale e dipende dalla quantità di nutrienti presenti: se sono sufficienti si attiva il meccanismo secondo cui mTORC1 spegne TFEB e promuove la produzione (anabolismo) di tutte le varie attività cellulari; se invece scarseggiano mTORC1 accende TFEB, che mette così in moto la degradazione (catabolismo) delle sostanze di riserva accumulate, rendendole disponibili per il metabolismo cellulare. In condizioni normali le due proteine non sono mai attive nello stesso tempo tempo e, quando avviene, la cellula può iniziare a crescere in modo sregolato e indipendente dalla presenza di nutrienti. Ed è esattamente quello che avviene nei tumori, in cui si assiste a una proliferazione incontrollata.

Farmaco per il tumore: la possibile scoperta

Lo studio Telethon è frutto di un’importante collaborazione internazionale con i gruppi di James Hurley dell’Università della California e di Lukas Huber dell’Università di Innsbruck e potrebbe segna una tappa fondamentale verso l’individuazione di un farmaco in grado di agire su questa importante via metabolica. Gennaro Napolitano, tra gli autori dello studio, spiega che:

Grazie a una sofisticata tecnica di microscopia messa a disposizione dai colleghi americani, detta crioelettronica, siamo riusciti a descrivere a un livello di dettaglio finissimo l’interazione tra queste proteine. Sappiamo da tempo che l’inibizione di TFEB da parte di mTORC1 avviene attraverso l’aggiunta di gruppi fosfato, ma questa volta abbiamo individuato sia il modo in cui questo avviene, sia la disposizione delle proteine che partecipano al processo. Questa fotografia ci permette di visualizzare tutti i possibili bersagli farmacologici a nostra disposizione e di studiare quale sia il più adatto per ottenere l’effetto desiderato, per esempio uno spegnimento di TFEB per evitare che lavori troppo quando invece non dovrebbe.

L’equipe, a partire da questo, continuerà la ricerca per cercare terapie tali da ristabilire l’equilibrio metabolico compromesso in alcune condizioni patologiche. Lo faranno concentrandosi su due malattie genetiche caratterizzate da un elevato rischio di sviluppare tumori: la sclerosi tuberosa e la sindrome di Birt-Hogg-Dubé (BHD). Questa la spiegazione, nel merito, del ricercatore:

Abbiamo già dimostrato nei modelli animali di queste malattie che inibendo TFEB si riesce ad arrestare la proliferazione tumorale. Crediamo perciò che questa sia la strada da seguire e lo studio appena pubblicato ci fornisce una mappa dettagliata per individuare molecole, già disponibili o da disegnare ad hoc, in grado di legarsi nel punto giusto e produrre l’effetto che vogliamo e, auspicabilmente, non altri. È proprio a causa dei troppi effetti che sono falliti finora tutti i tentativi di agire farmacologicamente su mTORC1: un fenomeno abbastanza inevitabile considerando quante funzioni svolge questa proteina. Ecco perché agire più “a valle” potrebbe consentirci un’azione più mirata. Se questo approccio si rivelerà vincente potrà essere applicato anche in altre malattie ereditarie associate a cancro, oppure in tumori non ereditari ma già noti per essere associati a una sregolazione di questo complesso proteico, come il melanoma o il tumore al seno triplo negativo.