Matteo Messina Denaro si sarebbe “arreso” ormai da “due anni e mezzo”, al punto da cominciare “a lasciare tracce fin quando non si è fatto trovare”: è quanto afferma Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca ‘ndranghetista dei Vrenna-Bonaventura, oggi pentito e collaboratore di giustizia.

L’ex leader della cosca ai vertici della malavita crotonese ha commentato ai microfoni di LaPresse l’arresto del boss di Cosa Nostra: Bonaventura sembra assolutamente convinto che Messina Denaro abbia lasciato degli indizi per farsi trovare.

Qualcosa è cominciato a trapelare quando lui ha cominciato a lasciare le tracce come Pollicino. Io penso che si sia arreso due anni e mezzo fa. Lui sapeva che quel giorno sarebbe stato catturato. Quello che è stato trovato nei suoi covi lo ha messo lui perché sapeva che sarebbero entrate le telecamere. I poster di Scarface, Joker? Erano dei messaggi chiari. Sta facendo del marketing per dire all’esterno che è ancora vivo.

Dichiarazioni importanti che aprono nuovi scenari sul profilo di uno dei latitanti più longevi della storia della mafia e che sicuramente alimentano le tante voci che ormai circolano dopo il suo arresto.

Messina Denaro, il pentito: “Hanno trovato quello che lui voleva si sapesse”

Nel 2006, Luigi Bonaventura ha deciso di cambiare vita e di diventare collaboratore di giustizia, per sfuggire ad una sorte che secondo lui gli “era stata imposta”. Da quasi 17 anni vive sotto protezione insieme alla sua famiglia e si batte in decine di processi e con tante iniziative sociali contro la ‘ndrangheta. Proprio dall’alto della sua profonda conoscenza della malavita, il pentito invita le istituzioni a non abbassare la guardia.

Il giorno dell’arresto di Messina Denaro si è parlato troppo facilmente, forse anche in buona fede, di vittoria. Questa non è una vittoria, perché altrimenti passa il messaggio che il tempo della mafia è finito.

Bonaventura si dice contrario anche all’idea di rendere il giorno dell’arresto del padrino una “Giornata nazionale contro la mafia“. Stando alle sua parole, infatti, non ci sono i presupposti per considerare ufficialmente superata la mafia né quest’ultima risulta sconfitta:

È come il 25 aprile, la giornata della Liberazione, ma quella fu veramente una liberazione dal nazifascismo. La mafia, invece, oggi è ancora viva.

Una chiosa anche sulla questione delle intercettazioni, uno dei temi caldi di questi giorni in Italia, considerate dal pentito “gli strumenti più potenti in assoluto che la magistratura e gli inquirenti hanno a disposizione assieme ai collaboratori di giustizia”.

Hanno fatto partire tante indagini che altrimenti non sarebbero mai partite. Devono essere a tutto tondo perché il boss non lo freghi, è difficile che lo intercetti, ma servono per prendere chi pensa di essere intoccabile o magari è inesperto. I capi mafia fanno una vita da buddista, non usano il telefono, non usano i social, non usano niente.

Ed è proprio questa tesi che rafforza in Bonaventura la convinzione che Messina Denaro avrebbe voluto farsi trovare. Insomma, lo scenario diventa sempre più fitto di dettagli e la speranza è che presto si possa far finalmente chiarezza su un uomo che ha svolto un ruolo cruciale in una delle parentesi storico-politiche più buie della storia italiana.