Boom dimissioni volontarie: ecco quali sono le professioni con i numeri più alti e perché si sceglie di lasciare il proprio lavoro. La fotografia delle professioni che stanno registrando il più alto indice di dimissioni volontarie riguarda innanzitutto i professionisti, quelli più qualificati, che cercano un nuovo lavoro. Ma non mancano gli operai, in particolare quelli specializzati come anche gli artigiani, difficili da reperire sul mercato del lavoro. Molti tra gli operai e gli artigiani appartengono al settore edile e hanno buone prospettive di carriera soprattutto grazie ai bonus e al superbonus 110%. Due giorni fa era giunta notizia che le dimissioni volontarie registrate dal ministro del Lavoro nei primi nove mesi del 2022 sono state pari a 1,6 milioni: più di mezzo milione ogni trimestre. La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha tracciato gli identikit dei profili che scelgono di lasciare il lavoro, in un periodo – il 2022 – caratterizzato soprattutto dalla ripresa dalla pandemia e da più opportunità sul mercato del lavoro.
Dimissioni volontarie 2022: ecco quali sono le professioni con i numeri più alti
Sono oltre 1,6 le dimissioni volontarie registrate da gennaio a settembre del 2022 secondo i dati arrivati dai rapporti trimestrali del ministero del Lavoro. La cifra è in aumento del 22% rispetto ai primi nove mesi del 2021, periodo nel quale erano state registrate oltre 1,3 milioni di dimissioni. La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha tracciato l’identikit di chi sceglie di lasciare il proprio posto di lavoro volontariamente. Si tratta innanzitutto dei professionisti più qualificati, tra i quali gli ingegneri, gli informatici, i medici, gli architetti, i chimici e i geometri. Ma non mancano gli operai specializzati e i periti. I dati presi in esame dalla Fondazione Studi sono quelli del terzo trimestre del 2022, periodo nel quale sono state registrate 562.258 dimissioni, delle quali 317.734 di uomini e 244.524 di donne. Rispetto al terzo trimestre del 2021 l’aumento delle dimissioni è stato di quasi 35.000 unità, soprattutto di donne con 22.717 pratiche in più rispetto a quelle degli uomini (+12.257). Da segnalare che il secondo trimestre del 2022, da aprile a giugno, è stato il periodo con più dimissioni negli ultimi anni (583.787): tra il secondo e il terzo trimestre il dato più significativo è la conferma dell’aumento delle dimissioni volontarie delle donne rispetto ai numeri registrati per gli uomini.
Perché si sceglie di cambiare lavoro?
Le percentuali più alte delle dimissioni volontarie nel terzo trimestre del 2022 riguardano le professioni tecniche, che hanno segnato dati di crescita del più 22,4%, i lavori ad alta specializzazione (+19%) e i laureati (+17,7%). L’aumento delle dimissioni dell’ultimo anno va di pari passo con l’accelerazione dell’economia dopo i periodi di pandemia. Altro aspetto interessante è la correlazione tra le dimissioni e i profili ricercati dalle imprese: a dimettersi sono soprattutto coloro che sanno di poter riposizionarsi sul mercato del lavoro perché le loro competenze sono ricercate e difficili da trovare. Tra i settori dove si registrano più dimissioni volontarie c’è da segnalare quello dell’edilizia: anche grazie ai bonus, nel terzo trimestre del 2022 l’abbandono del proprio posto di lavoro è avvenuto nel 9,7% dei casi proprio nelle costruzioni, con una crescita nel triennio 2019-2021 pari al 47,1%. Operai specializzati e artigiani sono diventati difficili da reperire, come conferma l’Osservatorio Excelsior di Anpal e Unioncamere. Tra i dati dell’Osservatorio trovano conferma anche le professioni scientifiche e tecniche dei comparti della sanità e dell’assistenza sociale: chi ha queste competenze, non solo è molto ricercato tra le offerte di lavoro, ma è anche più suscettibile nel dare le dimissioni, con percentuali del 20,2% per i tecnici scientifici della sanità e del 33% per l’assistenza sociale. Tra i motivi che portano alla scelta di dare le dimissioni vi è soprattutto l’insoddisfazione dal punto di vista retributivo: si cambia lavoro per guadagnare di più nel 52,5% dei casi o per situazioni insoddisfacenti nell’ambito di lavoro. Le maggiori opportunità lavorative della ripresa fanno il resto, facilitando la mobilità professionale. Ma anche una nuova occupazione (o la novità professionale) è la motivazione del 35,1% di chi rassegna le dimissioni.