Pamela Mastropietro madre. La donna si è presentata in aula a Perugia per l’avvio del processo che vede imputato per la morte della 19enne il nigeriano Innocent Oseghale. Alessandra Verni per l’occasione ha scelto di indossare una maglietta bianca con una stampa su cui compare l’immagine della figlia fatta a pezzi. Un gesto destinato sicuramente a far discutere. Ai giornalisti presenti in aula, la Verni ha spiegato il motivo: “Avete visto come me l’hanno ridotta”.
Pamela Mastropietro madre, l’immagine choc della figlia fatta a pezzi
Dopo essere entrata in aula, Alessandra Verni ha mostrato l’immagine della figlia fatta a pezzi all’imputato, seduto poco distante da lei. L’uomo però è rimasto in silenzio senza fare alcun gesto. La speranza della donna è che venga assicurata giustizia alla figlia: “Mi aspetto che da questo secondo processo in appello esca una sentenza di ergastolo e che Oseghale resti a vita in carcere. Questo è ciò che merita. Qualsiasi altra condanna la riterrò ingiusta”, ha dichiarato ai giornalisti prima di entrare in aula. Fuori dal palazzo di Giustizia, alcuni amiche e amici di Pamela hanno esposto degli striscioni: “Pamela voleva vivere e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni” si legge su uno di questi. In un altro invece, “Dopo cinque anni stiamo ancora aspettando giustizia. La disumanità non deve diventare normalità”. L’arrivo dell’imputato Oseghale è stato particolarmente concitato. L’uomo, arrivato a bordo del furgone della polizia penitenziaria, è stato insultato dagli amici di Pamela: “Me… sei una me….”. Il processo di appello è stato però rinviato al 22 febbraio in quanto due testimoni non si sono presentati. Il Presidente della Corte ha previsto che alla prossima udienza uno di loro sia accompagnato coattivamente in aula in quanto la sua assenza non risulta giustificata. L’imputato Oseghale ha chiesto di non essere presente alla prossima udienze. Sconforto e rammarico per i familiari e amici della vittima.
I fatti
Il nigeriano Innocent Oseghale fu arrestato nel 2018 dopo poche ore dal ritrovamento dei resti di Pamela Mastropietro. La ragazza fu fatta a pezzi e lavata con la candeggina prima di essere abbandonata in due trolley. Secondo la Corte d’Assise l’uomo prima di commettere l’omicidio avrebbe abusato sessualmente della ragazza. Pamela Mastropietro, oltre ad avere problemi con la droga, soffriva di un disturbo della personalità e, quindi, non era completamente lucida dopo l’allontanamento dall’istituto dove era ricoverata. Nonostante i resti del corpo della ragazza fossero stati lavati con la candeggina, erano state rilevate traccia del DNA del nigeriano. La Cassazione aveva notato però che c’erano delle contraddizioni sul fatto che l’imputato avrebbe anche abusato sessualmente della vittima e questo particolare ha fatto sì che la Corte d’Assise dovesse riesaminare gli atti. Oseghale è stato condannato in primo grado all’ergastolo con l’accusa di omicidio, violenza sessuale, occultamento di cadavere e vilipendio. La sentenza è stata poi confermata in appello. Lo scorso 23 novembre i giudici di Perugia avevano rinnovato l’istruttoria dopo aver sentito come testimoni due uomini che avevano avuto rapporti sessuali con Pamela Mastropietro. La madre di Pamela ha sempre sostenuto che Oseghale avesse auto dei complici e che non abbia potuto agire da solo: “Le indagini sono state fatte male a Macerata, sono state tralasciate situazioni importanti. Non è stato affrontato soprattutto l’aspetto che Oseghale non era da solo, che c’erano altre persone con lui. Insomma, non si è andati fino in fondo e non capisco perché. Ci sono due persone che non sono state ancora tirate in ballo. C’è il loro dna, di uno di loro sul corpo di Pamela, e anche su uno dei trolley dove è stata chiusa dopo l’omicidio”.