Il Canada ha dichiarato di aver accettato di risarcire con 2.8 miliardi di dollari canadesi (1.9 miliardi di euro) le comunità indigene del Paese per gli abusi compiuti nelle scuole gestite dalla chiesa Cattolica tra Ottocento e Novecento.
Il nuovo accordo – che dovrebbe essere approvato dalla Corte Federale del Canada a fine febbraio – deriva da un’azione iniziata nel 2012 da 325 indigeni First Nation, che hanno portato avanti la causa per chiedere giustizia contro le atrocità compiute nelle scuole residenziali, tra cui gli abusi sui minori. I soldi saranno gestiti da un fondo indipendente per progetti volti a «rivitalizzare l’istruzione, la cultura e la lingua indigene; per sostenere i sopravvissuti nel processo di guarigione e di riconnessione con la loro eredità».
Se la proposta sarà approvata, si tratterà del quinto grande accordo legale relativo alle scuole da quando nel 2006 sono stati previsti risarcimenti per gli ex studenti ed è stata istituita una Commissione nazionale per la verità e la riconciliazione. Con l’ultimo accordo, il governo avrà fornito un totale di circa 10 miliardi di dollari canadesi.
Cosa succedeva nelle scuole residenziali in Canada
La prima Indian Residential School venne fondata in Canada nel 1831.
La Chiesa Cattolica Canadese, la Chiesa Anglicana Canadese e la Chiesa Unita del Canada erano alcune delle organizzazioni religiose che gestivano e amministravano gli istituti. 118 erano presenti sul territorio canadese di cui 79 dipendevano direttamente dalla Santa Sede. Il sistema scolastico aveva l’obiettivo di “civilizzare” i figli dei popoli indigeni canadesi (ovvero dei First Nation, degli Inuit e dei Mersi) e così all’interno degli istituti veniva insegnato come essere un “buon occidentale”.
I bambini venivano allontanati dalle loro famiglie e ciò comportava un consequenziale abbandono delle loro radici, al fine di ottenere un’assimilazione forzata alla giusta cultura da seguire. Nelle Residential Schools i bambini furono vittime di umiliazioni verbali, abusi fisici, violenze sessuali, sperimentazioni di psicofarmaci, omicidi e sterilizzazioni.
Nel 1907 un’inchiesta pubblicata sulla testata giornalistica Montreal Star sottolineava che circa il 40% dei bambini ospitati nelle strutture moriva prima dei 16 anni. Una volta raggiunta la pubertà, molti degli “ospiti” venivano sterilizzati. Il progetto Missing Children, bambini spariti, ha documentato la morte di oltre 4100 bambini. Dalla prima metà dell’Ottocento a fine Novecento, il 30% dei bambini aborigeni canadesi, ovvero circa 150.000 minori, sono stati collocati nelle scuole residenziali.
Quello che da molti è stato definito un “genocidio” programmato e legalizzato in Canada è venuto fuori quasi per caso, e in tempi recenti se ne è tornati a parlare nel giugno del 2021, quando nei pressi della Kamloops Indian Residential School, una scuola cattolica, è stata scoperta una nuova fossa comune con i resti di 215 bambini.
Le scuse di Papa Francesco
Papa Francesco, in visita in Canada lo scorso luglio, si era scusato per quanto avvenuto nelle scuole residenziali. Il pontefice aveva espresso “indignazione e vergogna” per le assimilazioni forzate, affermando:
“Chiedo perdono per i modi in cui purtroppo molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono in particolare per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato anche attraverso l’indifferenza a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca culminati nel sistema delle scuole residenziali”.