Nel giorno del 30esimo compleanno di Luca Varani, e a quasi sette anni dal suo omicidio, arriva la lettera straziante pubblicata sui social da Marta Gaia Sebastiani, l’ex fidanzata del giovane ucciso nel marzo 2016 a Roma.

Avrei cercato di salvarti in ogni modo, se solo l’avessi saputo”: questo uno dei passaggi salienti del messaggio, che rievoca una ferita difficile da rimarginare per gli affetti più intimi della vittima.

Non riesco ancora a venirti a trovare, perché mi sembra ingiusto e impossibile pensare che ogni anno io ne compio uno in più

Estratto del messaggio Facebook

Omicidio Varani, la lettera della fidanzata arriva a sette anni dal triste epilogo

Nella lettera dedicata alla memoria di Luca Varani l’ex fidanzata pare quasi colpevole di essere andata avanti nel percorso della propria vita, perché “la gente, quando mi incontra, si ricorda dei nostri momenti insieme, come se il tempo si fosse fermato e tutto riconducesse a te“.

Particolarmente toccante anche la conclusione del messaggio, in cui traspare la tristezza di chi “non riesce a darsi pace del fatto che tu non sia più qui a illuminare il mondo con i tuoi splendidi occhi ridenti”.

L’omicidio di Luca Varani fu uno dei fatti cronaca salienti dell’intero 2016, per la violenza con cui gli aguzzini lo massacrarono fino a ucciderlo. Il giovane, all’epoca 23enne, fu ritrovato senza vita in un appartamento del quartiere Collatino, a Roma, che poi si scoprì essere l’abitazione di uno dei due killer. Secondo l’autopsia Luca morì dopo una lunga agonia causata da una quantità enorme di ferite da taglio e corpi contundenti.

Manuel Foffo e Marco Prato, all’epoca trentenni, furono poi giudicati colpevoli dell’omicidio, portando alla luce i motivi agghiaccianti alla base del gesto: un assassinio per divertimento, una vittima scelta a caso. Così Varani fu avvicinato dai suoi aguzzini, prima di essere drogato e “finito”. Per entrambi è stato disposto l’ergastolo, tuttavia Marco Prato fu ritrovato suicida circa un anno dopo nella propria cella accanto a una lettera in cui professava la propria innocenza.