Una maxi eredità lasciata da una nobildonna negli anni ’70, alla parrocchia di San Pietro a Modena si trova al centro di un’inchiesta della Guardia di Finanza che vede indagato il priore dei Benedettini Stefano De Pascalis, assieme ad un collaboratore e a tre professionisti del settore legale, due residenti a Ravenna (tra cui un ex notaio) e uno a Bologna (un avvocato).
Uno di loro sarebbe un consulente finanziario e titolare di una società con sede a Londra che in cambio di grosse ricompense avrebbe aiutato il prelato ad appropriarsi dell’eredità. I cinque sono ora accusati e indagati a vario titolo per ipotesi di reato che parlano di appropriazione indebita, riciclaggio ed auto riciclaggio.
A firmare l’inchiesta è il Pubblico Ministero Giuseppe di Giorgio che ha chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare in tribunale è già stata fissata per il 12 Aprile prossimo.
La vicenda ha inizio durante gli anni ’70 quando un’anziana nobildonna lascia in eredità alla parrocchia modenese, che ha sede in centro città, due terreni specificando però nel testamento che il lascito andasse solo alla parrocchia e non ai monaci benedettini che vi risiedono. Il denaro doveva quindi servire ad acquisti necessari alla chiesa e come beneficenza per i poveri.
Dopo 20 anni di affitti dei due fondi a beneficio della parrocchia, il Comune decide di espropriare i terreni e da quel momento “piovono” nelle casse della chiesa circa 4 milioni di euro, una cifra che, stando a quanto afferma l’accusa e riporta il “Corriere della Sera”, avrebbe attirato l’attenzione del religioso, il quale avrebbe dato inizio a una serie di operazioni bancarie sospette agli occhi della Guardia di Finanza.
Modena maxi eredità lasciata alla parrocchia: le indagini tra il 2013 e il 2020
Le fiamme gialle hanno ricostruito che già nel 2013 il conto della chiesa di San Pietro venne improvvisamente “svuotato” e trasferito in una banca di Bolzano su un conto intestato alla parrocchia; un’operazione fatta però senza informare la Curia e l’ordine monastico come invece prevede la legge, che rimangono così all’oscuro di questo trasferimento.
Ma il tutto diventa più complicato con il passare degli anni quando l’ex parroco (il priore si è dimesso dalla carica di parroco l’anno scorso) trasferisce più o meno la stessa somma in un altro conto aperto nello stesso istituto di credito di Bolzano intestato però all’Abbazia dei Padri Benedettini andando così di fatto contro le disposizioni della nobildonna che aveva lasciato in eredità i terreni.
L’iniziativa più sospetta per i militari arriva però soltanto nel 2020 quando l’alto prelato costituisce presso una banca di Modena un trust con scopi generici dove, compaiono gli stessi nomi dei professionisti con i ruoli di guardiani del fondo.
Dopo avere pagato con “parcelle” fino a 100mila euro i suoi collaboratori indagati, trasloca ancora una volta questo “tesoretto” e a questo punto che interviene la Guardia di Finanza che decide di sequestrare l’intero patrimonio.
Stando a quanto afferma la Procura, muovendosi in questa maniera il religioso ha potuto disporre liberamente del denaro senza dover rendere conto alle istituzioni ecclesiastiche. Tutti questi passaggi hanno infatti insospettito la Guardia di finanza che dopo alcune indagini ha deciso di intervenire sui cinque accusati.
La Curia Arcivescovile in persona dell’Arcivescovo Erio Castellucci e la Parrocchia di San Pietro Apostolo in persona del parroco pro tempore, a fronte dell’indagine, hanno deciso di sporgere denuncia in quanto parti offese e saranno parte civile nell’eventuale processo.
I difensori del religioso, Nicola Termanini e Giorgio Setti hanno commentato così le accuse al cliente:
“Dimostreremo come il nostro cliente abbia agito in totale buona fede e solo per assicurarsi che il lascito rimanesse vincolato alle mura della chiesa non conseguendo alcun profitto personale”.