Dati allarmanti per quanto riguarda il mondo del lavoro in Italia: si stima infatti che nei primi nove mesi del 2022 sono stati ben 1,6 milioni gli italiani e le italiane ad aver lasciato il proprio posto di lavoro volontariamente; il numero è in aumento del 22% rispetto all’anno precedente, il 2021 e si teme che nel 2023 la situazione possa addirittura peggiorare.

Lavoro e dimissioni: i dati che non lasciano ben sperare

Lavoro e dimissioni: i dati dei primi nove mesi sono significativi in quanto fanno capire quanto le persone si siano stancate di accettare qualsiasi situazione lavorativa anche molto spesso a scapito di quella famigliare; ora la tendenza si è ribaltata e la gente cerca sempre più spesso un lavoro che sia in grado anche di conciliare la vita domestica e affettiva, ed è così costretta a lasciare un posto di lavoro che richiede troppo tempo e dispendio fisico. Nel solo terzo trimestre dell’anno scorso le dimissioni sono state 562 mila, in crescita del 6,6% (più 35 mila) sul terzo trimestre 2021.

I motivi delle dimissioni

Le ragioni che spingono un lavoratore a rassegnare le proprie dimissioni possono essere molteplici: secondo gli osservatori il mercato del lavoro è sempre più dinamico e da un lato le motivazioni sono riconducibili a una ripresa occupazionale, dopo la caduta determinata dal picco della crisi Covid 19, con maggiore mobilità e opportunità anche per chi vuole cambiare lavoro, soprattutto per i profili tecnici e specializzati. Al contrario è stata proprio la crisi e la necessità o il desiderio di un diverso equilibrio tra vita privata e professionale che possono aver spinto a scegliere di dire addio al proprio posto di lavoro. Di questi numeri non va però dimenticato anche l’alto tasso di licenziamenti che sono avvenuti in questi ultimi mesi a causa della crisi post pandemia e dello scoppio della guerra in Ucraina che ha portato rincari onerosi su tutti i settori: si stima infatti che solo nel terzo trimestre del 2022 sono stati registrati quasi 181mila licenziamenti o non rinnovi di contratti precari, con una crescita del 10,6% (pari a +17 mila) rispetto al terzo trimestre del 2021.